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Il Montefeltro dimenticato: Frontino ed Eremo della Madonna del Faggio

Il Montefeltro dimenticato: Frontino ed Eremo della Madonna del Faggio

Cari lettori, riprende il nostro girovagare attraverso il Montefeltro nascosto, quello un po’ defilato, ma comunque ricco di luoghi da scoprire.

L’itinerario di cui vi parlo oggi, lo abbiamo stranamente seguito in auto, durante una “domenica diversa” di qualche anno fa: la realtà, è che eravamo in pieno inverno, con tanto di neve e, ovviamente, Tuono era placidamente in letargo!

Ma inverno, non significa letargo per un viaggiatore, anzi…ogni occasione è buona per fare qualcosa di diverso dal solito, spingendosi alla scoperta di posticini nuoviPensateci bene: in fondo, chiudersi in casa o in un centro commerciale, può anche sembrare il modo migliore per riposarsi; ma, al contrario, si emerge ancor più stressati e nervosi, da una domenica di ressa, fila o televisione. Invece, una giornata trascorsa all’aria aperta, a girellare attraverso paesaggi, cittadine, borghi, senza nemmeno aver bisogno di spingersi troppo lontano, è una giornata rigenerante.

Nella prima e nella seconda parte dei miei racconti, dedicati al “Montefeltro dimenticato”, di cui condividerò i link alla fine, abbiamo percorso strade che ci hanno portato a Sestino, Monterone e Belforte all’Isauro; quindi a Carpegna, Monte Cippo, Monastero e Cavoleto. Oggi, andremo nella stessa zona, soffermandoci sul bell’Eremo della Madonna del Faggio e sul borgo di Frontino, entrambi immersi in una soffice coltre nevosa.
Attraversiamo una Valmarecchia imbiancata e lucente, dopo la nevicata della notte scorsa ed entriamo in un Montefeltro ancor più bianco: meglio, dato che tra Villagrande e Carpegna, durante il periodo invernale, vengono aperti gli impianti di risalita, che attraggono tante persone appassionate di sci! No, noi non facciamo parte della schiera: al massimo sulla neve, scivoliamo col sedere. O, a scelta, sulle ginocchia.
E’ vero, però, che il paesaggio innevato è pura magia, si notano anche particolari solitamente invisibili, per non parlare dei riflessi della luce e dei raggi del sole, che creano delle particolarissime scie dalle tonalità intense. 
Poco dopo aver passato la Pieve di Carpegna, raggiungiamo Frontinoarroccato in maniera inconfondibile su uno sperone di roccia, a dominare la stretta vallata del torrente Mutino. Da due anni, questo piccolo gioiello italiano, è entrato a far parte del circuito “I Borghi più belli d’Italia”, anche se, durante la visita di cui vi sto parlando, era ancora parzialmente sconosciuto.

Trovare il paese immerso nella neve, lo rende ancor più bello, se possibile, accogliente ed intimo con i suoi stretti vicoli e le piazzette in ciottoli del Mutino, circondati da palazzi in pietra, così perfetti, da sembrare disegnati. Sull’abitato svetta la bella Torre Civica, che d’estate si copre di ricco fogliame, mentre ora si impone grigia e seria, sul palazzo comunale.

Il borgo medievale è silenzioso, così come il nostro lento incedere, nel freddissimo pomeriggio: sembra quasi disabitato ma, questa sensazione, è subito smentita dalla perfetta struttura delle ricercate abitazioni, che trasmettono tutto, tranne senso di trascuratezza. Ogni scorcio è perfetto, lineare, elegante, in questa che fu, probabilmente, un’antica colonia romana, Castrum Frontini. 

Ma l’aspetto di castello medievale, lo assunse attorno al XIII secolo e, ancora oggi, è riscontrabile nel Palazzo del Comune e nelle possenti mura di cinta, presidiate dal torrione di guardia. Lungo i camminamenti, si può spaziare con lo sguardo su un Montefeltro dipinto di migliaia di tonalità di grigi, striati di bianco; unica nota di colore il cielo, in cui le nuvole cercano di aprirsi, per lasciar passare qualche sprazzo di luce.

Il papato diede al castello medievale la sovranità politica ma, durante il XIV secolo, quando la curia pontificia si spostò ad Avignone, il controllo di questo tattico feudo di confine passò ai Brancaleoni, signori delle vicine località di Piobbico e Castelduarte, l’odierna Urbania (di cui ho scritto qui), per tornare nelle mani della Santa Sede, a metà del secolo.

Nel XV secolo, il castello di Frontino divenne possedimento del Duca d’Urbino, Federico da Montefeltro e, proprio al Ducato, rimase sempre fedele, respingendo sia l’attacco dell’acerrimo nemico storico della dinastia, ossia Sigismondo Malatesta, sia opponendosi all’assedio dei fiorentini.

Insomma, non si può dire che, questo piccolo, orgoglioso feudo, non si comportò coraggiosamente, anche contro alcune tra le più forti ed influenti signorie del periodo.

Il Medioevo lascia il posto alla contemporaneità, nella parte in cui il borgo termina, a ridosso del baratro, dove l’artista torinese Franco Assetto ha creato una scultura d’acqua…ovviamente ghiacciata in questo momento, viste le rigide temperature, che si integra, però, in maniera armoniosa nell’architettura del paese.

Nel vicino Palazzo Vandini, oggi struttura di accoglienza turistica, dalle caratteristiche architettoniche già rinascimentali, le antiche cantine sono collegate alla parte bassa del borgo di Frontino, da un camminamento sotterraneo. Da qui, si raggiungeva quello che è l’antico mulino di Ponte Vecchio, mirabilmente ricostruito nel XVII secolo, posizionato proprio lungo la strada, da cui si svolta per salire in paese.

E’ una splendida struttura del Trecento, nata sicuramente con la fondazione del castello, per fornire agli abitanti pane e farina; vista la posizione di confine, occupata da Frontino, per cui preda di continui attacchi, il mulino fu provvisto persino di una torre di guardia e difesa.

Scendiamo lentamente verso il parcheggio, stando bene attenti a non scivolare, mentre il cielo si inizia veramente a ripulire dalle nuvole, lasciando spazio ad un sole, che promette un tramonto d’autore.

Saliamo in auto piuttosto infreddoliti e, prima di raggiungere la prossima meta, decidiamo di fare una deviazione nel vicino paese di Carpegna, per riscaldarci con una cioccolata in tazza. Ci sono bambini che giocano spensierati lungo le vie del centro, e gruppetti di cittadini che chiacchierano allegramente, spalando la neve, senza paura di venire investiti, visto che c’è pochissimo traffico. Come tutte le cittadine di montagna, anche Carpegna si anima in un modo molto accogliente, quando nevica.

Entriamo in un bar e ci sediamo per gustare una caldissima cioccolata, densa e gustosa; incredibile ma a stento troviamo un posto a sedere! Ma quante persone ci sono in questo angolino fuori dal mondo? E pensare che è presente ben più di un solo bar, in centro!

La prossima sosta è all’Eremo della Madonna del Faggio, che raggiungiamo proseguendo in direzione Villagrande e girando appena troviamo la segnaletica, ben visibile dalla strada.

Si tratta di una nota località sciistica, infatti oggi c’è un gran via vai, lungo la stretta, panoramica strada d’accesso. Fortunatamente, essendo vicino l’orario di chiusura degli impianti, quando arriviamo all’eremo ci sono poche persone, ed è bellissimo potersi godere il paesaggio meraviglioso che, da quassù, si amplia sul Montefeltro, illuminato dalla luce arancio del tramonto, che si riflette sulla neve. Ci facciamo strada lentamente, vista la tanta neve, verso il piccolo Santuario della Madonna del Faggio.

Secondo la leggenda, due pastorelli bisognosi d’aiuto, trovarono l’immagine della Vergine, appesa ad un faggio, che venne loro in soccorso. La miracolosa effige, fu allora trasportata a valle, lontano dai pascoli del Monte di Carpegna, per essere venerata e custodita a dovere ma, incredibilmente, il giorno successivo, l’immagine fu ritrovata sullo stesso faggio.

Si decise, allora, di rispettare il volere della Vergine, ed edificare un Santuario là, dove ella voleva restare: ci sono testimonianze della presenza di una semplice celletta, sin dal 1200, conosciuta col nome di Santa Maria della Cella.

Solo dopo la Seconda Guerra Mondiale, fu eretto un vero e proprio santuario, la cui facciata è preceduta da un portico, all’interno del quale è conservata un’antichissima statua lignea, della Vergine Maria.

Terminata la visita usciamo per tornare verso il parcheggio, lentamente…molto lentamente, considerato che dobbiamo seguire una discesa “sospetta”, termine tecnico che indica la possibilità di percorrerla completamente sul sedere!

Mentre il cielo si fa sempre più scuro, la luce continua comunque a resistere, aiutata anche dalla fitta coltre bianca e soffice della neve, che riflette l’arancio del tramonto e, appena scompare il sole, il bianco cangiante della luna.

In questo contesto poetico, quasi fatato, riprendiamo l’auto per raggiungere casa dove, dopo il freddo piacevole e rigenerante di questa “domenica diversa”, potremo goderci una serata tranquilla, riscaldata dalla stufa a pellet, decidendo già il prossimo itinerario, alla scoperta del meraviglioso Montefeltro dimenticato.

 

Per l’itinerario precedente, cliccate⇒ Il Montefeltro dimenticato: Carpegna, Monastero, Cavoleto
Per l’itinerario successivo cliccate⇒ Il Montefeltro dimenticato: Pietrarubbia e Sassocorvaro
Claudia B.