Ma, prima di inondarvi di foto e ricordi della domenica appena trascorsa, voglio fare una piccola, signorile, delicata (ah Elisa nella Valleombrosa, attenta che hai concorrenza!), premessa: ma voi che state leggendo, avete un’idea di che assurda botta di culo sia, vivere “vicino” al Valico di Viamaggio e alla E45? Ma di culo, culo!
Vi spiego: ci si sveglia al mattino, si sale in moto e si raggiunge il passo. Sosta caffè e, come aitanti meteorologi, dopo aver dato uno sguardo agli addensamenti nuvolosi e fatto un rapido calcolo dei venti…taaak, si decidere se andare in Toscana, in Umbria o se restare in Romagna…Questo è culo e io sono una persona molto onesta ad ammettere che, noi di Voce del Verbo Partire, ne abbiamo in abbondanza!
Ad esempio, questa domenica mattina, dopo aver dato un rapido sguardo al meteo dall’alto dei 1050 mt. s.l.m. di Viamaggio, abbiamo optato per l’Umbria: non è stato particolarmente difficile, visto che ci siamo trovati ad una sorta di bivio che ricordava la scena in cui il papà di Belle, ne “La Bella e la Bestia”, deve decidere se proseguire verso il sentiero lugubre, oppure verso quello scintillante e ricco di simpatici animaletti.
Nel caso specifico, il lugubre era purtroppo sulla Toscana, mentre lo scintillio sull’Umbria: quindi via, veloci e felici verso Sansepolcro, poi E45 fino a Perugia e, una volta qui, direzione Foligno, dove abbiamo seguito la statale fino a Bevagna e Montefalco, godendoci un passaggio sublime nei pressi di Assisi e Spello.Mentre saliamo verso Montefalco, oltre ad attimi di panico per un’auto che sta per centrarci in pieno, (i casi sono due: o quello sveglione del guidatore o sta cazzeggiando col cellulare, o pensa di essere in Inghilterra…in ambedue i casi: i miei complimenti!), lasciamo vagare lo sguardo sullo splendore della campagna circostante, dove filari di viti e ulivi si susseguono a perdita d’occhio.
Siamo infatti nella zona di produzione del Sagrantino di Montefalco, del Montefalco Rosso e dell’olio extravergine d’oliva che ha permesso ai borghi di Montefalco e Bevagna, di ottenere il titolo di “paesi dell’olio”.
La località sorge su di una collina che domina le valli del Topino e del Clitunno: il panorama che si apre da quassù è una cosa da togliere il respiro. Oggi si possono ammirare in maniera nitida paesi e cittadine, campi colorati e il Monte Subasio, alle cui pendici sono adagiate Assisi e Spello.
Non ci stupiamo del fatto che Montefalco sia conosciuta con l’appellativo di “Ringhiera dell’Umbria”: ogni qualvolta si esce dal dedalo di vicoli e stradine, ci si imbatte in una panoramica d’autore!
Il nome del bel centro umbro pare sia stato deciso da Federico II di Svevia, grande appassionato di caccia al falcone, attività a cui dedicò anche un trattato: in visita a questa zona nel XIII secolo, secondo la tradizione rimase colpito dall’elevato numero di falchi presenti e decise di variare il nome della cittadina in Montefalco.
Dopo aver parcheggiato A.T. negli appositi spazi vicino a Porta Sant’Agostino, sperando che durante la visita nessuno ce la abbatta (non per altro ma ultimamente ci sta capitando di tutto!), entriamo su Corso Mameli, la via principale del centro storico, che pullula letteralmente di visitatori, negozietti, trattorie, botteghe, enoteche.
In genere io amo l’anima più nascosta dei borghi, ma devo dire che mi lascio momentaneamente conquistare dalle graziose decorazioni in cui ci imbattiamo lungo il viale, soprattutto botti intagliate, vecchie biciclette riadattate con inserti di legno e decorazioni floreali, vespe riportate all’antico splendore.
Entriamo a visitare la Chiesa di Sant’Agostino lasciandoci momentaneamente alle spalle la confusione dell’esterno.
Devo dire che questa struttura gotica mi conquista subito, è un pò come una vecchia signora con qualche acciacco, ma ricca di fascino!
Fatta edificare tra il 1279 ed il 1285, si presenta con una navata principale, cui si affianca una navata minore dalla quale è divisa da una serie di campate; la zona absidale attira subito lo sguardo: vi si aprono vetrate policrome che illuminano l’altare sopraelevato.
Ma sono soprattutto due le particolarità su cui si posa la nostra attenzione. Prima di tutto l’opera posta nel coro, una creazione dolcissima e di grande impatto: il popolo dei profughi.
Si tratta di un numero notevole di bambole che rappresentano gli uomini, le donne e i bambini, che ogni giorno lasciano un paese devastato dalla guerra, per cercare una speranza di vita e sopravvivenza altrove, ma trovando spesso una morte atroce nel Mediterraneo.
Mentre leggo la descrizione di questo lavoro e del progetto umanitario portato avanti dalla comunità di Montefalco, mi ritrovo commossa ed arrabbiata, perché oggettivamente non si può morire così…
In secondo luogo resto piuttosto basita davanti al corpo perfettamente conservato dello “sconosciuto spagnolo”: secondo la leggenda questo pellegrino giunse a Montefalco per rendere omaggio al corpo della Beata Chiarella e della Beata Illuminata.
Chiese ospitalità ai frati e, fattasi sera, tornò in chiesa per un’ultima preghiera. Il mattino successivo il sacrestano lo trovò morto, appoggiato al confessionale, nella stessa posa eterna con cui è arrivato sino a noi.
I frati lo liberarono, allora, dei documenti e lo seppellirono ma, come nei più spaventosi film horror, il mattino successivo lo ritrovarono accanto al confessionale nella posizione ormai nota. Inutili i tentativi di ricollocarlo nel sepolcro, perché il “birbante pellegrino” continuò imperterrito a palesarsi accanto al confessionale.
Alla fine i frati decisero di posizionarlo nel campanile della chiesa, dove il corpo rimase per più di un secolo senza decomporsi! Successivamente, i padri lo misero in una sorta di armadio con indosso i suoi abiti di pellegrino, nella posizione in cui aveva trovato la morte.
E, ancora oggi, lo si può ammirare in questo incredibile stato di conversazione. Poco distante dalla “miracolosa” sepoltura, si trova l’urna con i resti mortali delle Beate Illuminata e Chiarella, cui il pellegrino spagnolo volle rendere i propri omaggi.
Usciamo nuovamente alla luce del sole, per raggiungere Piazza del Comune, il principale punto di aggregazione del borgo: un salottino elegante e soleggiato, su cui sorgono il Palazzo del Comune, il Teatro, l’ex Chiesa di Santa Maria ed alcuni ristorantini e botteghe.
Da qui si diramano vicoli secondari, che decidiamo di percorrere, lasciandoci alle spalle turisti rumorosi e cittadini che si godono beatamente il pranzo domenicale. Scopriamo così l’anima vera di Montefalco: il fascino del borgo incantato in cui si respira tutta la grazia del pittoresco centro umbro.
Casette che sembrano uscite da un acquerello, colme di profumate decorazioni floreali dai colori sgargianti, vialetti di pietra, passaggi a volta, piccole, minuscole piazzette ed edifici religiosi, nei quali ci si imbatte all’improvviso.
Ci muoviamo con calma lungo il dedalo di strette stradine, godendoci l’ombra, gli scorci pittoreschi e chiacchierando piacevolmente, avvolti dalla tranquilla atmosfera paesana. Ogni tanto usciamo dalle mura per ammirare la bellezza della vallata, che muta il proprio aspetto con il passaggio delle nuvole.
Torniamo lentamente su Corso Mameli, dove ci fermiamo al Birrificio dei Peugini per una rapida, ma gustosa pausa pranzo.
L’ambiente è raccolto, grazioso, molto ben allestito e, oltre alla vendita diretta della birra prodotta artigianalmente con materie prime di qualità, a pochi km da qui, vengono proposte anche poche semplici pietanze, perfette per una merenda informale.
Ordiniamo un’accoppiata di birra Ale con tagliere di salumi, bruschette e assaggio di formaggi; chiediamo anche una torta al testo con pomodoro e mozzarella, e ci godiamo un momento di puro gusto umbro!
Anche perché, devo ammetterlo con vergogna, in anni e anni (e anni) di viaggi in Umbria, non avevamo mai assaggiato la tipica torta al testo: si tratta di una sorta di piadina, ma più alta e leggera, in quanto fatta di sola acqua, farina, lievito. Risulta piacevolmente fragrante all’esterno e soffice all’interno, viene tagliata a metà e farcita a piacere. Tagliere, torta al testo, birra media e un caffé 21 €: promosso!
Trascorriamo ancora una mezz’ora in giro per il paese dopodiché, dovendo comunque tener conto delle due ore di moto che occorreranno per il rientro, decidiamo di raggiungere Bevagna.
Lasciamo A.T. negli appositi spazi vicino a Porta Cannara, dalla quale accediamo al bel borgo medievale.
E quando dico bello, intendo davvero bello, con percorsi di visita anche interessanti: ad esempio, durante le domeniche estive, si può acquistare un biglietto cumulativo per visitare le botteghe medievali; oppure, rivolgendosi all’Ufficio Iat, è possibile visitare il mosaico e il complesso termale di origine romana.
Oppure, come abbiamo fatto noi, si può decidere semplicemente di perdersi con stupore lungo i vicoli del borgo, ritrovandosi tra casette in pietra dalle allegre decorazioni floreali, palazzine dalle persiane colorate strette da arcatelle, che fanno filtrare la luce in maniera irregolare.
Passeggiando per il paese ci lasciamo attirare dai particolari negozietti d’artigianato, e dalle taverne che allestiscono gli spazi esterni con tavoli e sedie, per far si che gli avventori possano gustare prelibatezze umbre, godendosi contemporaneamente la bellezza senza tempo di Bevagna.
Impossibile, poi, non sorridere davanti alle ironiche sedie che riportano i nomi dei proprietari….simpatica accortezza, casomai qualche zelante turista decidesse di riposare il proprio didietro tra una visita e l’altra! Cosa che, in effetti, non ci dispiacerebbe…
Ci inoltriamo con curiosità nel silenzio dell’antico chiostro del Convento dei Domenicani, oggi trasformato in hotel, ma comunque aperto ai visitatori, che possono passeggiarvi mantenendo un rigoroso silenzio, visto che si tratta di una struttura ricettiva.
Peccato lo stato di degrado in cui versano gli affreschi che, come specificato dalla direzione, dipende dalle mancanze protrattesi per anni tra le varie amministrazioni comunali.
Subito dopo arriviamo nella monumentale Piazza Silvestri, che ricorda un elegante salone delle feste all’aperto: edificata alla fine del XII secolo, rappresenta il cuore medievale di Bevagna.
Il borgo risale si al periodo romano, in particolare alla conquista dell’Umbria durante la Battaglia del Sentino, ma venne devastata più volte: prima dai barbari, poi nel XII secolo da Federico Barbarossa quindi, nuovamente, nel XIV secolo dal signore di Foligno.
Una storia sofferta quella del borgo umbro, che vide continui passaggi tra lo Stato della Chiesa e le varie Signorie.
Piazza Silvestri catapulta il visitatore proprio nel periodo delle lotte tra Signorie, grazie ad una conservazione impeccabile: su di essa si affacciano il Palazzo dei Consoli del 1270, la Chiesa di San Silvestro con la dirimpettaia fontana del XIX secolo, la Chiesa di San Michele del XII secolo.
Non è una piazza che mostra la classica forma rettangolare o quadrata: nel suo essere priva di regole geometriche, risulta però estremamente equilibrata.
Dopo una visita alle due chiese e alle loro cripte, ambedue imperdibili, passeggiamo ancora un pò senza meta, perdendoci letteralmente e volutamente, tra la pace di questo borgo medievale d’autore, dove ogni angolo rimanda al passato.
Facciamo un’ultima sosta nella Chiesa di San Francesco, poco distante da Porta Cannara e dall’antico teatro, raggiungibile o dai vicoli esterni, come abbiamo fatto noi, oppure da una fioritissima scala che conduce fino alla minuscola piazzetta su cui è affacciato l’edificio del 1275. All’interno è conservata la pietra su cui, secondo la tradizione, il santo predicò agli uccelli.
Infine raggiungiamo A.T. per iniziare il lungo rientro verso casa: un paio d’ore circa, tra splendidi paesaggi ed un vento piuttosto insistente. Trascinante!
L’Umbria per noi è sempre una destinazione speciale, unica, di quelle che non solo non potrà mai stancarci, ma nemmeno smettere di sorprenderci. Anzi, al massimo riconquistarci laddove una prima visita non ci avesse completamente soddisfatti.
Se volete scoprire le altre località umbre toccate da noi di Voce del Verbo Partire, approfittandone per prendere qualche spunto di visita, potete cliccare sull’apposita sezione.
Claudia B. Daniele L Honda Africa Twin
Adoriamo l'Umbria ed ogni volta che possiamo torniamo a trovarla. Questi due luoghi però mancano al nostro appello, sono fantastici! Ci piacciono tantissimo gli scorci che ci hai mostrato attraverso le fotografie! Scopriamo sempre tante cose interessanti grazie a te! ?
E io ne scopro grazie a voi!!! Secondo me è una delle cose più belle, quella che più apprezzo del mondo dei blog…questo gemellaggio di opinioni, consigli, attimi di vita!
Sapete, Montefalco e Bevagna mi hanno conquistata con la loro anima medievale, soprattutto in quegli angolini poco battuti, un pò defilati. Per fortuna abbiamo l’Umbria a due passi: non potrei vivere senza!
Un bacio ?
Claudia B.
Ho visitato entrambi i borghi diversi anni fa…molto carini ma su Bevagna avevo alte aspettative ed invece quel pomeriggio andò tutto storto! Era metà agosto e baccammo un funerale che aveva bloccato il paese, delle botteghe medievali entrammo solo nella cereria dove il mastro cerario…stava beatamente fumando all'interno! Vorrà dire che prima o poi ci dovrò tornare!!! Bello questo reportage!
Grazie Valentina!
No, ma non posso crederci…tra funerale e mancanza di rispetto in un luogo comunque pubblico, direi che è normale ti sia rimasto un ricordo non positivo.
Però capita, a volte, che un insieme di situazioni, ci facciano scadere un luogo, salvo poi rivalutarlo se gli si dà una seconda possibilità. A me, ultimamente, è accaduto proprio con Città di Castello.
La prossima volta la vedrai con occhi nuovi!
Claudia B.