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A Dharavandhoo curiosando tra le usanze delle Maldive

A Dharavandhoo curiosando tra le usanze delle Maldive

Mentre sono qui che scrivo il diario di viaggio alle Maldive, mi accorgo che il capitolo dedicato alla scoperta di tradizioni ed usanze delle Maldive, si sta allungando notevolmente. Non voglio rinunciare ai miei ricordi, tantomeno a raccontare curiosità ed aneddoti, ma non voglio nemmeno far diventare il diario una sorta di “Odissea”.
Scelgo quindi di “staccare” fisicamente questa giornata e di renderla un resoconto a sé, un articolo indipendente. Spero che anche voi abbiate voglia di sorridere, ridere, arrabbiarvi e commuovervi con me, nell’approcciarvi al popolo maldiviano, attraverso il percorso di scoperta fatto insieme a Lucia, una ragazza francese fidanzata con un maldiviano: figlia di genitori italiani, residente a Strasburgo, lei ha trovato alle Maldive un equilibrio interiore che l’ha portata a modificare completamente la prorpia vita. Così, tre volte all’anno, per almeno un mese, raggiunge il suo ragazzo e vive le Maldive a “piedi nudi”. Noi, l’abbiamo fatto con lei.
Come descrivere Dharavandhoo? Ecco, l’isola di Dharavadhoo e un piccolo agglomerato di circa 1,2 kmq, occupata per metà dall’aeroporto; la sola strada asfaltata, è quella che porta proprio dall’aeroporto al porto, da cui i turisti si imbarcano per raggiungere i resorts, completata per mostrare un certo ordine, una certa precisione a chi è qui di passaggio. A quelli che non hanno voglia di vedere oltre.
Ma noi, di voglia di vedere oltre ne abbiamo e, mentre ci muoviamo con piacere lungo le stradine del villaggio, quelle vere, quelle fatte di sabbia e grosse pozzanghere in cui saltare, mi trovo a sperare che quel piccolo pezzo d’asfalto, non diventi sempre più ampio nel corso degli anni.

Il villaggio è carino, seppur un pò trascurato, vivace e molto vero. Vi vivono circa 1300 persone, suddivise però in appena tre famiglie: lo so, pare incredibile. Eppure bisogna considerare che la povertà alle Maldive è una realtà, pertanto per poter sopravvivere si rimane strettamente legati alla famiglia, in modo tale che “a rotazione” ci sia sempre qualcuno in grado di portare a casa soldi per acquistare alimenti, ci sia una stanza in cui dormire, uno scooter da utilizzare per muoversi.
Il cibo e il carburante, ad esempio, hanno costi esorbitanti per la popolazione: viene tutto importato da fuori, le uova per citarne una, provengono dal Brasile, in quanto partner commerciale; perciò sarebbe impossibile per i maldiviani mantenersi autonomamente, senza la copertura della vasta famiglia. Ci racconta Lucia che, spesso, le è capitato di andare in uno dei negozietti che fungono da supermercato-ferramenta-profumeria-cartoleria, e trovare persone che acquistavano verdura e frutta a pezzi: una mela, un’arancia o, caso eclatante, l’uva presa ad acini!

La spesa quindi, viene fatta più volte al giorno, perché si prende solo ciò che davvero serve. In base anche a quali prodotti si trovano in negozio, considerando che il carico della merce arriva via mare una volta a settimana.
Quello che è difficile da capire per noi, ma io vorrei poterlo far arrivare, è che il mite popolo maldiviano, non vive di luce riflessa dal turismo legato ai resorts. Resorts che superano in numero i villaggi di pescatori, tra l’altro. Chi ha un tenore di vita “alto”, sono i proprietari di negozi, imbarcazioni, guest house, gli impiegati di scuole, tribunale, comune. Ma quelli che ogni giorno lavorano nei resorts, a stento vengono pagati! Le grandi multinazionali li assumono, poi li pagano una miseria…oppure non li pagano affatto, facendo loro credere che lo stipendio siano le mance lasciate dai clienti. Mance che non sono obbligatorie. Ma i maldiviani non si ribellano, loro sono tranquilli e sereni, questa è la loro natura: perché arrabbiarsi se non vengono retribuiti, tanto ci sono le mance!
E cosa pensate che accada con la copertura sanitaria? La stessa cosa. Se la possono permettere solo coloro i quali hanno un lavoro autonomo o “statale”, mentre gli altri non vengono lasciati morire solo grazie all’intervento della famiglia. Anche perché, nonostante il delizioso ospedale presente a Dharavandhoo, se si necessita di cure importanti bisogna raggiungere Male, pagare il volo, le cure e i medicinali. Impensabile senza uno stipendio fisso, tanto che per le patologie più semplici, si interviene curandosi in maniera naturale, con l’utilizzo delle piante.

Ci chiediamo tutti se nulla venga fatto a livello governativo e, in breve, Lucia ci spiega che dopo un lungo periodo di dittatura, il nuovo presidente Mohamed Nasheed portò grandi speranze e migliorie per il popolo maldiviano: è stato lui ad inserire le pensioni di anzianità, a favorire la nascita delle guest house; ha iniziato a lavorare alla riforma del lavoro, per creare occupazione, e della sanità. Ma, come nei peggiori incubi, questo uomo onesto e rivoluzionario, amatissimo dal suo popolo, è stato destituito con un colpo di stato, che ha poi provocato i gravi disordini di cui si è sentito parlare nell’autunno del 2015.
A nulla servono le manifestazioni, le proteste, nemmeno i voti dei maldiviani durante le elezioni: ogni azione viene messa a tacere e, ovviamente, anche tutti i progressi fatti da Nasheed, bloccati. L’uomo è stato più volte arrestato, torturato, segregato su isole deserte senza viveri, per tentare di toglierlo dalla scena; ma ciò non serve a farlo amare meno dal popolo. Persino qui a Dharavandhoo, c’è una sala in cui i maldiviani si riuniscono per discutere di politica.

Passeggiando per le stradine sabbiose, ci fermiamo spesso con Lucia a salutare le persone: i loro sorrisi, timidi ma spontanei, sono splendidi. Curiosità si accavallano alla descrizione della vita degli isolani, che scopriamo essere dei simpatici mangioni! I maldiviani mangiano continuamente, hanno sempre la bocca impegnata a masticare qualcosa, ed è straordinario vista la forma fisica di cui godono.
Ma il mistero è subito svelato: al contrario di noi occidentali, non ingurgitano prodotti elaborati, pane, pasta, dolci o zuccheri; loro mangiano foglie, frutta tirata velocemente giù dagli alberi, vicino ai quali è normale trovare dei bastoni con cui “facilitare” la caduta dei prodotti. Anche i pasti principali a base di pesce e verdure, pollo, cocco e riso, sono caratterizzati da pietanze semplici e mai troppo elaborate.

E questi fisici asciutti non dipendono assolutamente dall’attività fisica, eh no! Perché i maldiviani sono super pigri, in maniera simpatica seppure determinata: anche solo per fare pochi metri, loro si spostano con lo scooter! L’aneddoto che ci racconta Lucia ci fa piegare a metà dalle risate: vede lei impegnata in una conversazione con un isolano, che trafelato le spiega come debba affrettarsi a comperare lo scooter per accompagnare la figlia a scuola, visto il suo imminente, distante trasferimento…a circa 100 metri dall’edificio scolastico. Ed era serissimo!!!

Alla luce di questi fatti, mentre proseguiamo nella passeggiata, ci rendiamo conto in modo inequivocabile del continuo ruminare attorno a noi: persino il fidanzato di Lucia è presissimo a masticare e non possiamo fare a meno di ridere divertiti, come quando scopriremo che, dopo questa intera giornata trascorsa a camminare per Dharavandhoo, avrà mal di gambe per ore e crollerà addormentato come un bebè!
Un’altra curiosità divertentissima, che sembra una barzelletta, ma giuro è la pura verità, è che i maldiviani non hanno assolutamente idea della propria età, della data di nascita…spesso si cambiano persino il nome di battesimo. Mentre ridiamo con le lacrime al racconto della prima volta in cui Lucia ha incontrato il suo fidanzato, si sono presentati e, la volta successiva, lui le ha dato un nome diverso lasciandola basita, ci rendiamo conto dai sorrisi del ragazzo che non si tratta né di un trucco, né di una presa in giro: semplicemente non è importante. Come non lo è conoscere la propria età…abbiamo passato dieci minuti a chiedergliela, ma alla fine è stato necessario fare una sorta di “toto-quantiannimidai”, approdando ad una soluzione ipotetica: dai 29 ai 31! E basta domande inutili, please.

Solo in caso di richiesta di documenti ufficiali, come ad esempio un passaporto, i maldiviani si vedono costretti a darsi dei dati definitivi: quando si dice essere easy. Alla luce di questo, non deve lasciare di stucco il fatto che nemmeno le vie abbiano un nome: eddai, sarebbe impensabile! La posta viene consegnata riferendosi al nome della casa, o per conoscenza della famiglia e della persona. Semplice no? Sicuramente pratico!

Il senso dello scorrere del tempo, del mettere in pratica le richieste e le incombenze, è percepito e portato a termine nello stesso metodo easy: io chiedo una cosa, il maldiviano la eseguirà “forse e per piacere” con le dovute tempistiche. Tempistiche maldiviane ovviamente. Questo quadro dovrebbe rendere chiaro perché, anche in guest house, non siamo riusciti ad ottenere nulla di concreto nel nostro sollecitare le uscite in dhoni. Non lo giustifico, anzi ribadisco che bisogna lavorarci seriamente, ma dà un’idea precisa della situazione. Tutto è calma, pace, serenità.

Passando davanti alla Moschea, sull’isola ce ne sono due, è impossibile non soffermarsi sul discorso religioso. Io sono curiosa come una scimmia, devo dire che il fatto di poter capire qualcosa di più su come viene vissuta nel mondo la religione musulmana, fuori dalla solita accusa “tutti terroristi”, che prima o poi mi porterà a commettere un omicidio, mi fa drizzare le orecchie.
Scopriamo così che, le prime persone giunte a Dharavandhoo, arrivarono dal Portogallo, non a caso l’abitazione più antica dell’isola fu costruita da loro; nel corso dei secoli le popolazioni iniziarono a scendere dall’India, ma fu solo con l’arrivo degli arabi che si convertirono all’Islam.
Nei giorni scorsi abbiamo spesso visto donne fare il bagno in mare completamente vestite, ed uomini con la maglietta: persino i ragazzi del dhoni che ci accompagnano durante lo snorkeling indossano una t-shirt; noi possiamo stare in costume nelle spiagge che sono di fronte alla guest house, sulle isole, sulle barche. In paese si gira con un certo decoro, per non mettere a disagio gli abitanti.

Ma, viste anche tutte le polemiche sorte sul fantomatico burkini in questa estate 2016 (a volte penso davvero che non abbiamo proprio una mazza da fare), mi fa piacere poter spiegare che, quella di indossare il velo, o il tipico abito lungo, udite-udite, è una scelta delle donne! Capite, una scelta! Scelta…decisione. Ci sono ragazze che non portano il velo; alcune che lo indossano; altre che lo abbinano splendidamente con jeans e outfit attuali; altre con versioni classiche, ossia le lunghe tuniche. Il che vale anche per gli uomini: alcuni portano la barba, altri no, alcuni vestono con jeans o bermuda, altri con la lunga casacca che costituisce il costume tipico.
Ma, soprattutto, possono anche decidere dall’oggi al domani di non indossare più il velo e, semplicemente, lo toglieranno senza nessun tipo di problema. Come possono decidere se frequentare o meno la Moschea. Dai, un po’ come da noi, quando alcuni ragazzi smettono di andare a messa e confessarsi: non per essere blasfema, perché in Italia ci vuole poco e il rogo è sempre pronto dietro l’angolo, ma alla fine è questione di una scelta personale.

Cambia un po’, vero, questo quadro religioso, rispetto a tutto quanto si sente e vede in tv? Ma il colmo dello stupore, proprio a livello di credo, lo raggiungiamo quando scopriamo come, in una piccola isola come Dharavandhoo, ci sia persino un tribunale, di cui visitiamo la zona accoglienza, la cui attività è super fiorente! E sapete perché? Perché i maldiviani divorziano continuamente, più e più volte…poi magari si rimettono insieme e divorziano ancora. Insomma, passano tutti attraverso il tribunale, che quindi ha sempre un notevole numero di cause di cui occuparsi!

Osserviamo la zona più antica dell’isola, conservata senza alcuna cura ma davvero affascinante, grazie alle casupole caratterizzate dai tipici muri costruiti in corallo e cemento. Si usava bruciare il corallo per ridurlo in polvere, lasciandolo poi raffreddare per almeno un mese; a quel punto veniva mescolato con il cemento per edificare questi splendidi muri. I tetti erano in foglie di palma. In altre parti del mondo, quello che rappresenta il nucleo più antico di un paese verrebbe mantenuto in condizioni eccellenti, magari sfruttato a scopo turistico; qui no, non c’è proprio la mentalità, né la voglia di agire in questo senso.

Ragionamento che si collega al fatto che le case abbandonate nell’isola si sprecano, mentre magari le persone vivono accalcate in spazi ristretti: perché, ci chiediamo, non ristrutturano gli edifici? La risposta va ricercata in un mix costituito da un vero e proprio limite, dovuto alla mentalità, ed il fatto che alle Maldive i terreni hanno un proprietario, il quale può decidere di affittare per circa 25 anni: qualsiasi miglioria il locatario apporterà alle strutture presenti sul terreno, dopo tale lasso di tempo resterà al proprietario. A questo punto i serafici maldiviani si domandano: perché spaccarsi di lavoro se poi dobbiamo lasciare ad altri le nostre fatiche?

Ci fermiamo lungo le vie insieme a Lucia, che saluta e conosce tutti quanti; nel frattempo Manuela e Andrea, nostri compagni di viaggio, consegnano ai bimbi che incrociamo per strada dei pastelli colorati. I sorrisi smaglianti di questi piccolini, così stupiti e sinceri, sono qualcosa che mi rimarrà dentro a vita. Una magia di emozioni quella che si spalanca nei loro occhi profondi.
Lucia ci fa fare una sosta, mentre il suo ragazzo va a prendere acqua fresca per tutti: il sole non sarà forte, ma l’aria è torrida, umida e non si solleva un refolo di vento per rinfrescarci. Oltre all’acqua arrivano anche deliziose chips ottenute dal frutto dell’albero del pane, che vengono tagliate finemente, poi fritte in olio di semi. Fantastiche!

Conosciamo così le nipotine acquisite di Lucia, bambine deliziose che vengono a salutarci dapprima timidamente, poi tutte fiere per le tante fotografie che le vedono protagoniste. Ma quanto sono belli i bimbi maldiviani, con quegli occhioni immensi e quei sorrisi così dolci?
Non mancano anziani isolani, che si fermano a chiacchierare con noi, felici di mostrarci un grosso carico di foglie di curry. Profumatissime e fresche. Scopriamo che i maldiviani sono davvero felici di condividere con gli stranieri le loro usanze. Così come i loro cibi: non di rado si incontrano donne che cucinano grosse quantità di cibo all’aperto, nei cortili o lungo le strade, per sfamare le immense famiglie o addirittura da spedire ai parenti di Male, che offrono con piacere ai turisti le loro prelibatezze. Io consiglio di assaggiare tutto senza timore!

Terminiamo la mattinata con una visita ai generatori dell’isola e ad uno dei tanti negozietti d’artigianato. Dato che l’ora di pranzo è ormai prossima, torniamo in guest house, decisi a proseguire nel pomeriggio la nostra visita con Lucia. Ci sono tante cose che vogliamo ancora conoscere.

Al Blancura, intanto, il nostro chef ci aspetta per mostrarci la preparazione di uno dei piatti tipici delle Maldive, il mashuni accompagnato da roshi. Ogni famiglia ha la propria ricetta, ma la delizia di questo manicaretto consumato soprattutto a colazione, per noi perfetto come aperitivo, è indubbia qualsiasi siano le varianti.
Un misto di tonno, cipolla, erbe, spezie ed il fantastico cocco tritato finemente, utilizzato nella maggior parte delle ricette maldiviane, il tutto mescolato e servito su questa sorta di piadina di piccole dimensioni, che mi ricorda tanto la mia Romagna. Sapore sublime.

Il meteo fortunatamente è stato passabile per tutto il tempo, e pare continuare su questa linea, ma non osiamo più chiedere se sia possibile fare un’uscita, magari quella serale di pesca al bolentino, tanto dopo la risposta negativa dataci al mattino, intuiamo già l’esito della richiesta: il vento, il mare grosso, le coordinate x e y…niente, non è possibile. Fortuna che Lucia arriva puntuale col suo ragazzo, per completare il giro di visite in paese.
Iniziamo con quelli che sono gli svariati usi della noce di cocco: da noi si dice che del maiale non si butta via niente, direi che la noce di cocco alle Maldive fa la stessa fine! Dalla radice, che viene tagliata a pezzi e gustata per il suo fresco sapore, tanto simile a quello del carciofo; alla polpa interna dalla consistenza spugnosa, usata soprattutto per i succhi; al frutto che anche noi mangiamo qui in Europa, ogni parte del cocco viene utilizzata. Ovviamente alla teoria segue la pratica e, tra facce sconvolte e altre deliziate, assaggiamo tutto.

Proseguiamo con la visita della scuola, dove questa mattina siamo passati senza entrare: l’edificio è nuovo e colorato, mentre gli interni sono di una semplicità basilare. Qui a Dharavandhoo ci sono le classi fino a quelle che corrispondono alle nostre medie; dopodiché se i ragazzi vogliono proseguire negli studi devono trasferirsi a Male, ospitati da qualcuno della famiglia.
Sostanzialmente le lezioni si svolgono in inglese, lingua che i maldiviani imparano sin da piccolissimi e con la quale si esprimono come fosse loro: voglio dire, la colonizzazione subita non ha lasciato solo la guida a destra e il tea time, ma anche una bella pronuncia!

Ci soffermiamo un attimo nel cortile, dinanzi al più antico albero di Dharavabdhoo, che ricorda un po’ quello del film “Avatar”: oltre ad ospitare i pipistrelli giganti, ai quali non riesco ad abituarmi, emana un’energia vitale straordinaria. Quando Lucia ce lo fa notare, la guardiamo dapprima senza capire; poi, però, avvicinandoci, ci rendiamo conto che ha ragione. Un senso di emozione, di pienezza, di pace palpabile, arriva direttamente al cuore, come se questa pianta secolare riuscisse a rimandarci tutto ciò che ha raccolto e vissuto nella sua vita.

Lucia ci ha promesso una sorpresa ma, dato che siamo un gruppo curioso, le chiediamo anche di visitare discarica e cimitero, iniziando proprio da questo: si, lo so, state pensando che siamo macabri. Ma noi vogliamo davvero conoscere tutto, non solo le cose belle e divertenti.
In effetti, il cimitero di Dharavandhoo, rispecchia molto il modo easy in cui i maldiviani affrontano la vita. Il concetto di prendere tutto con calma, trascurando i propri beni, si trasferisce anche nella morte. Un campo incolto, con erba ad altezza d’uomo da cui spuntano delle semplici pietre, è il luogo di sepoltura dell’isola. In pratica una mini giungla!
Dopo la morte, le persone vengono preparate nella struttura che si trova a ridosso del cimitero, lavate e avvolte in bende bianche; si va in Moschea per l’ultima preghiera, poi avviene come da noi la tumulazione. I parenti vanno a trovare i defunti una volta al mese, lasciando nel frattempo che l’erba cresca senza limitazioni! Io che sono bassina, rischierei di perdermi.
Riprendiamo la passeggiata tra i vicoli di sabbia dell’isola, dove le persone si sono riversate per trascorrere il pomeriggio: tra donne a passeggio, bimbi che giocano spensieratamente a piedi nudi, giovani e adulti che si sfidano in partite di cricket, un via vai continuo di scooter guidati da ragazze e ragazzi, ma anche auto, appena due o tre, che sommate alle navette aeroportuali e al taxi, si vanno ad “ingorgare” in un traffico molto pittoresco, ci immergiamo sorridendo nella vivace Dhravandhoo, nei suoi meravigliosi colori.
Poi, guidati da Lucia e dal suo ragazzo, entriamo in un cortiletto, dove un gruppo di donne, uomini e bimbi, sono intenti nella preparazione delle golosissime chips ricavate dal frutto dell’albero del pane! Ci accolgono tutti quanti con gioia, con sorrisi e con una gentilezza che noi dovremmo imparare. Si lasciano scattare foto, ci invitano ad assaggiare quello che cucinano, mentre restiamo stupiti del fatto che, proprio di fianco alla “zona preparazione”, ci sia una montagna di cemento, con la quale si producono mattoni. Ridiamo a crepapelle, pensando a come, da noi, in una situazione simile, arriverebbero i NAS e ci farebbero deportare in Siberia!

Tra chiacchiere e racconti, la luce inizia a calare, infatti il tramonto si presenta puntualmente attorno alle 18e30, perciò Lucia ci guida fino alla discarica, per affrontare il difficile tema dei rifiuti alle Maldive. E’ dal mattino che insistiamo, ed ora è proprio arrivato il momento.
A detta di Lucia la situazione in questo momento è quasi rosea, nel senso che fino a poco tempo fa c’era una sorta di montagna di rifiuti, mentre oggi riusciamo ad accedere all’area senza problemi.
La piaga dello smaltimento (smaltimento inesistente), attanaglia tutti gli atolli, non a caso è noto come esistano isolotti abbandonati che fungono unicamente da discarica. In teoria, dovrebbe presentarsi una nave una volta al mese per prelevare i rifiuti; in pratica la nave non attracca qui da sei mesi. Perciò si brucia, tutto, il più possibile. Ma tra un fuoco e l’altro, tempeste e mareggiare portano via la spazzatura posata sulle rive, perciò si ritrovano montagne di plastica anche nelle idilliache isolette, nelle lingue di sabbia e sulla barriera corallina.
A me è capitato di vederne durante la mia esplorazione a Veyofushi, ma che mi crediate o meno, a nulla servirebbe raccoglierla, per buttarla poi in discarica, visto che con la prima tempesta probabilmente si ritroverebbe al punto di partenza.
E’ non è solo un problema legato al turismo, no; i maldiviani non hanno in alcun modo un senso di preservazione del territorio: loro buttano semplicemente a terra, o a mare, o seppelliscono sotto la sabbia. Nel migliore dei casi portano in discarica, ma qui tra un rogo e l’altro qualche rifiuto può sempre finire nell’immenso patrimonio marittimo dell’atollo.
Capite l’assurdità, il circolo vizioso? E’ come un cane che si morde la coda e tu sei impotente, perché non sai come intervenire. Lucia ci spiega che da anni sta cercando di convincere gli isolani a differenziare la spazzatura, magari a fare del compostaggio da utilizzare negli orti o nei vasi in cui coltivano la verdura; ma la mentalità easy dei maldiviani non include l’attenzione per il loro territorio, né la volontà di applicarsi in qualcosa di concreto!

L’aneddoto che vede Lucia impegnata con le donne dell’isola a ripulire la spiaggia per una grande festa, riassume in pieno questo limite: ci racconta che cumuli di rifiuti tolti dalla sabbia, non vennero smaltiti, ma sotterrati in ampie buche! A lei prese quasi un colpo. E, dopo aver “ripulito tutto”, le donne fecero una piccola pausa ristoratrice con acqua e bevande…per buttare immediatamente in terra plastica e brick!
Secondo voi, c’è altro da aggiungere? Vi verrebbe ancora da chiedere perché le spiaggette davanti alle guest house sono sporche, oppure intuite la risposta? Qui urge una grossa campagna di sensibilizzazione, ma temo che a stento intaccherebbe la metodologia easy dei maldiviani. Lasciamo la discarica, mentre un’isolana arriva con un secchio di rifiuti misti e li butta scrupolosamente sulla battigia, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Posso solo augurarmi che si tratti unicamente di scarti alimentari e non di plastica o vetro.
Proseguiamo verso il porto, sostando al cantiere navale ed osservando l’allegra area in cui il taxi e le navette scaricano turisti diretti ai resorts, felici ed ignari. Cioè, anche io sono felice, sia chiaro, ma decisamente un bel po’ meno ignara di una settimana fa. Chiacchierando del più e del meno, ci fermiamo sul molo, dove ci raggiunge il sindaco, uno dei cinque della giunta, un giovane ragazzo che parla benissimo italiano. I maldiviani sono bravissimi nell’imparare le lingue!

La sua famiglia possiede anche diversi negozietti, e lui spera di acquistare una nuova barca con cui andare a pesca ed accompagnare i turisti. E’ sempre molto disponibile e gentile, ma dovrebbe imparare anche ad essere più obiettivo sulla realtà degli atolli: capisco che non può menare la zappa sui propri piedi, ma non serve descrivere le Maldive come un paradiso di perfezione, perché io che arrivo qui, ti potrò credere i primi due giorni, ma poi quando approfondirò l’argomento, mi renderò conto che hai sparato grosse cavolate.
Costeggiando il mare tutti insieme, ci avviamo verso la guest house, lasciando che la cupa notte maldiviana ed il rumore dell’oceano, da cui si sta per scatenare una tempesta tropicale da manuale, facciano sedimentare la giornata appena trascorsa. Un insieme di emozioni e conoscenze, di risate e disperazione, di contatti e limiti umani. Una giornata che per me, per tutti noi, ha avuto un senso che va al di là di qualunque copertina patinata sia stata dedicata alle Maldive.
Claudia B.
-Per lo snorkeling con le mante, cliccate⇒ Dove fare snorkeling con le mante alle Maldive
-Per il diario di viaggio alle Maldive, cliccate⇒ Destinazione Maldive: diario di viaggio sull’Atollo di Baa
-Per informazioni sui soggiorni in guest house maldiviane, cliccate⇒ Soggiornare alle Maldive in guesthouse, su un’isola di pescatori 

14 commenti

  1. audrey

    mi ha molto interessato questo post perchè non essendo mai stata alle maldive ne ho solo l’immagine edulcorata e patinata dei cataloghi. so benissimo che dietro c’è molto altro ma è raro trovare chi te lo racconti. interessanti le foto

    1. Grazie Amrita, mi fa molto piacere che tu abbia apprezzato questo post così “strano” (diciamo così), sulle Maldive. Quando lo scorso anno sono tornata dal viaggio, ho provato la necessità fortissima di raccontare curiosità, aneddoti, particolari. Quelle cose che delle Maldive e dei madiviani in genere non si sanno 🙂
      Un abbraccio,
      Claudia B.

  2. Interessante questo post sulle usanze delle Maldive, non avevo proprio idea che potessero cambiare il proprio nome come se si trattasse di un paio di scarpe! Io sono troppo attaccata al mio nome, non credo riuscirei a usarne uno diverso 😀 Purtroppo sì, molti parlano delle Maldive come un paradiso terrestre, ma pochi sanno della loro situazione precaria, sia politica sia economica. A volte basterebbe davvero poco per saperne di più.
    Un saluto!

    1. Esattamente Giulia, basterebbe solo aver voglia di cambiare un attimo la propria prospettiva, guardando oltre quello che i depliant mostrano. Lungi da me il voler criticare la tipologia di viaggio che ognuno di noi sceglie, ma anche chi decide di soggiornare in un resort, potrebbe comunque trascorrere una giornata per andare alla scoperta delle Maldive più vere. Anche per la curiosità di osservare un punto di vista diverso 🙂
      Grazie per essere passata Giulia,
      Claudia B.

  3. Angelica - Destinazione mondo 20

    Grazie Claudia per questo bellissimo articolo. Ci hai mostrato una faccia che va al di là del 5 stelle all inclusive con cameriere personale incluso. Mi si stringe il cuore a pensare l’abitudine a insabbiare invece che buttare! Una meravigliosa terra così rovinata dalla pigrizia (perchè non so come descriverla altrimenti). Inoltre per pigrizia di movimenti, mi ci ritrovo proprio perchè nelle Filippine anche solo per attraversare la strada si prende il Trycicle (simile al tuk tuk thailandese). ?
    Inoltre, molto curiosa la storia dell’età e del nome.
    E tra parentesi, non mi lamenterò più dei mille matrimoni di Brooke Logan di Beautiful (non so se lo guardi) ma, d’ora in poi, giustificherò le sue azioni dicendo che divorzia tanto e ritorna dai mille mariti perchè ha origini delle Maldive ???

    1. Tu Angelica sei grandissima ???! Non avevo mai pensato al risvolto “Beautiful”! Non lo guardo, ma è difficile non sapere tutto dei matrimoni di Brooke? Ora almeno hai una motivazione valida, per spiegarlo!
      Engi, grazie per aver apprezzato questo post. Appena tornata dalle Maldive, ci tenevo molto a parlare Delle curiosità, degli usi e costumi, perché per me sono state parte integrante del viaggio!
      Credo che ci sia un’anima maldiviana, che va oltre quello che siamo abituati a vedere sui cataloghi. E per me è stato un onore avvicinarmi, viverla, scoprirla. Con tutti i suoi pregi e difetti, ovviamente! E con l’allegria di certi aneddoti davvero singolari ?!
      Un abbraccio, grazie per essere passata da me,
      Claudia B.

  4. È la prima volta che leggo un post così dettagliato sulle usanze dei maldiviani. Hai avuto la fortuna di poter vedere il volto nascosto di queste isole che nei resort non si vede. La questione della spazzatura è complicata perché abituati alle cose biodegradabili non pensano a quanto sia nociva la plastica per il loro ambiente.

    1. Esatto Stefania, non ci pensano nemmeno. E’ come se tutto fosse naturalmente dovuto, per cui perché impeganrsi a mantenerlo? E non lo fanno nemmeno con cattiveria, è proprio un modo di essere, senza malizia.
      So che è un post molto particolare, ci tenevo ad affiancarlo agli altri dedicati alle Maldive, perché in effetti c’è tanto da scrivere sul popolpo maldiviano. Vista la scelta di un viaggio alternativo, contro i soliti resort super lusso, ho pensato di vivere appieno questa esperienza, oltre i soliti schemi!
      A presto,
      Claudia B.

  5. Roberta

    Non posso che condividere la vostra curiosità riguardo alle usanze maldiviane e trovo che sia un peccato che alla maggior parte dei vacanzieri non interessino minimamente.
    Maafushi è ancora meno sviluppata di Dharavandhoo, non avendo l’aeroporto. Quindi non esistono affatto strade asfaltate e, come te, spero, che queste isole rimangano così a lungo!
    Mi è capitato di entrare varie volte nei negozietti di alimentari ed, in effetti, le persone acquistano frutta e verdura a pezzi. Questa cosa mi è rimasta impressa, insieme alla vendita delle patate germogliate, e quindi non più commestibili. In certi casi, in viaggio, ci si rende conto di quanto siamo fortunati.

    1. Brava! E’ quello che ho pensato per tutto il tempo, durante la permanenza a Dharavandhoo!
      Poi noi ti dico nel contatto con i bimbi, Roberta, ero a metà tra il provare tenerezza, ed il sentirmi triste. E’ vero che fanno una vita sana e semplice, ma vederli emozionarsi per un pacco di pastelli, illuminarsi in sorrisi pieni e veri, quando i nostri ragazzini non li accontenti nemmeno con l’oro…non lo so, mi ha squarciata dentro.
      Un’esperienza di vita straordinaria. Quando dico: “Sono stata alle Maldive, ed è stata un’esperienza di vita unica”, la gente mi guarda come se fossi pazza. Perché le Maldive sono per tutti il sogno da cartolina, non un’esperienza di vita! E dire che basterebbe avere la voglia di guardare oltre.
      Penso che entrambe abbiamo fatto viaggi straordinari, molto più appaganti e profondi di qualsiasi cosa possa proporre un resort a dieci stelle.
      Un bacio Roberta, grazie per essere passata!
      Claudia B.

  6. Buonasera Claudia 🙂 finalmente ho avuto più del tempo di un tweet per leggermi con calma il tuo articolo 🙂 anche se devo dire che era talmente interessante che me lo sono divorato!
    Maldive come non le avevo mai viste!
    Sei stata capace di scavare in zone d'ombra di cui penso la maggior parte dei turisti non prenda assolutamente in considerazione l'esistenza…
    Fantastico il vostro tour! La vostra guida è uno dei personaggi che mi fanno impazzire, quelle persone che cambiano vita perché si innamorano di qualcuno o di un luogo e trovano in esso il proprio equilibrio…
    Ma com'è finita Lucia alle Maldive? 🙂 è bellissimo conoscere qualcuno del luogo che possa aprire il sipario su tutti gli aspetti della vita vera e quotidiana di questi posti…fuori dalle spiagge da copertina!
    Il senso del tempo dei maldiviani è simpaticissimo 😀 incomprensibili e forse irritanti per noi certi atteggiamenti, ma molto caratteristici 🙂
    Esilarante il fatto che non si diano nomi precisi ed età, fa capire molto della loro personalità e come sempre c'è qualcosa da imparare. Certo è qualcosa di molto lontano da noi e dalla nostra impostazione, ma quando scopri che cose per te sono certezze incrollabili in realtà per altri sono del tutto inconsistenti, bè è sempre un bello "schiaffo" che ci fa porre un bel po' di domande!
    Interessante l'aspetto religioso, anche ame interessa molto capire come davvero si viva la religione in certi posti e ce ne hai dato uno scorcio significativo…
    Purtroppo ci sono aspetti che fanno rabbia come gli eventi politici, il costo della vita sproporzionato, gli stipendi da fame e le multinazionali che mettono le grinfie dappertutto, il fatto che sia difficile per loro accedere alle cure sanitarie, o il problema enorme dei rifiuti! È impensabile che non si preoccupino di preservare tanta bellezza e delicatezza! Impensabile probabilmente solo per noi a quanto pare. È davvero difficile radicare idee nuove in chi ha per indole un altro atteggiamento verso certe problematiche, ed hanno tutto il diritto di gestire il loro paese come credono, ma è mooolto frustrante che non riescano a prendere atto dei danni che fanno 🙁
    Certo dire che da noi "occidentali" abbiamo davvero il senso del rispetto dell'ambiente, del riciclo e della conservazione delle risorse naturali…è una barzelletta!!! Ma questo è un altro discorso…

    Come sempre conplimenti Claudia, ammiro davvero il tuo voler scoprire la realtà e non fermarti alla superfice dei posti che visiti 🙂
    Un bacio!
    Deianira

    1. E io sono felicissima che questo articolo ti sia arrivato così forte! Per un attimo ho avuto un blocco, perché non sapevo come inserirlo; poi mi sono detta: “Dividi il racconto, ma non rinunciare a questi ricordi, condividili”.
      Ma non avevo idea di come sarebbe stato accolto! Spesso la realtà non piace, ma io non volevo scrivere con i filtri: perciò ai passaggi oggettivamente divertenti, ho volutamente affiancato le situazioni negative, nel modo in cui noi ne siamo venuti a conoscenza.
      È stato un pò uno sbatterci contro, ma d’altronde non si può far sempre finta che vada tutto bene…nemmeno in un paradiso terrestre.
      Sai, ancora quando penso a Lucia sorrido: non solo perché ci ha letteralmente salvato il viaggio, ma anche per i meravigliosi momenti in cui abbiamo condiviso riflessioni e pensieri, magari durante una passeggiata, oppure davanti al mare in tempesta.
      La sua scelta di cambiare completamente stile di vita in Francia, ma anche di vivere alle Maldive tre mesi all’anno, nella semplice realtà di un villaggio di pescatori, fa capire che, forse, non siamo noi ad avere la ricetta della felicità. Non con i lavori ed una realtà che ci fanno correre e venire mal di stomaco; non con i nostri vestiti “liberi” (uso appositamente il termine); non con un orologio mentale che non ci lascia apprezzare il momento.
      Raccontando le mie scelte di vita a Lucia, ti dirò, per la prima volta non mi sono sentita giudicata, ma compresa…anzi, lei stessa mi ha aiutata a capire, ad assorbire il motivo per cui le mie decisioni così poco popolari, mi portano una serenità incredibile. Tutto ha un proprio ruolo nell’universo e, non so come, ms le Maldive ti mettono davanti a quell’ordine, se tu lasci che loro ti entrino in circolo.
      Cara Deianira, a volte mi chiedo ancora come ho fatto a passare dal “sogno da cartolina”, all’ “andiamo tutti in discarica”! Cioè so bene come ci siamo arrivati. Io sono partita con un chiodo fisso. Ma è come se quel percorso di scoperta così completo e complesso ci stesse aspettando.
      È vero, lo avremmo intrapreso anche col bel tempo…ma se la tempesta non ci avesse limitati nei movimenti, non avremmo approfondito tanto la conoscenza con l’isola, forse certi passaggi sarebbero saltati. Le cose succedono per un motivo!
      Concludo solo dicendo che, come te, anche noi abbiamo tutti fatto la stessa riflessione sulla questione rifiuti: sono gli errori che in occidente sono stati fatti per anni; sono errori che ancora, nonostante la consapevolezza, facciamo. Il che non ci rende migliori dei maldiviani che nascondono sotto la sabbia…
      Ti mando un abbraccio forte: grazie per aver letto, compreso, espresso il tuo parere…per me è sempre importantissimo il confronto!
      Baci,
      Claudia B.

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