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Il Montefeltro dimenticato: Peglio e Sant’Angelo in Vado

Il Montefeltro dimenticato: Peglio e Sant’Angelo in Vado

Cari lettori, benvenuti nel nuovo capitolo dedicato ai nostri itinerari alla scoperta del Montefeltro dimenticato.
Questa domenica mattina trascorre in maniera tranquilla: ci svegliamo con calma, facciamo colazione, ci concediamo una passeggiata in centro a Rimini (scoprite la mia città in questo post) prima di pranzo.
Dopodiché, partiamo alla volta del Montefeltro, per trascorrere qualche piacevole ora all’aria aperta. Il tempo è bellissimo, il cielo di quell’azzurro che sa sottolineare in maniera egregia gli edifici in pietra e le verdi vallate. Se fosse estate o primavera, la nostra visita si svolgerebbe in moto ma, dato che tendo a congelarmi piuttosto velocemente, trascorreremo il pomeriggio a muoverci in auto, tra il borgo di Peglio Sant’Angelo in Vado.
Le scegliamo perché ci siamo trovati di frequente a passare davanti ad entrambe, senza avere l’occasione di fermarci: Sant’Angelo in Vado si trova sulla bellissima strada che conduce al Passo di Bocca Trabaria, mentre Peglio si affaccia sulla collina che sovrasta Urbania. Insomma, per noi una zona che significa “casa”.
In un’ora di strada raggiungiamo la nostra meta, accompagnati da uno splendido panorama e dai vivaci giochi di luce, che si inseguono nella vallata; iniziamo le visite dalla più piccola delle due località, Peglioaffacciato sull’Alta Valle del fiume Metauro.
E’ un minuscolo paese in cui meno di mille persone vivono quotidianamente. Una volta saliti fino a quassù, possiamo godere di un favoloso panorama sul Montefeltro, anche se il freddo pungente, ci fa saltellare sul posto e ci impone di metterci velocemente in marcia, per non rischiare il surgelamento.
Dalla piccola piazza su cui si affaccia la Chiesa di San Fortunato, un vicoletto conduce fino alla parte più alta del borgo, dove sorge la medievale Torre Campanaria, completamente illuminata dal sole, il quale però non riesce a scaldarci. In compenso, i nostri, occhi godono appieno dello spettacolare paesaggio che si apre tutto attorno, a 360°, sull’Appennino Tosco-Marchigiano-Romagnolo.

Il borgo di Peglio è un’antichissima colonia romana ma, sostanzialmente, mantiene tutte le caratteristiche del piccolo castello medievale, con l’insieme di abitazioni che si stringe attorno alla parrocchiale e alla Torre.

Dopo varie traversie e passaggi di potere, tra le famiglie che governarono la zona, nel XIV secolo passò definitivamente sotto la giurisdizione di Urbino, alla quale restò legata.

Facciamo una brevissima passeggiata anche nella parte bassa del paese, che è veramente minuscolo, quindi decidiamo di entrare nell’unico bar aperto, per bere un caffè caldo che ci aiuti a recuperare l’uso delle mani.

Subito dopo ripartiamo alla volta di Sant’Angelo in Vado anche se, vista la vicinanza, scegliamo di fare una breve deviazione verso Urbania, per poter fotografare il Barco Ducale meglio conosciuta come Villa Ducale, che si trova fuori dal centro storico di Urbania (ho parlato qui di questa cittadina). 

Immerso in un parco cittadino, in cui le persone possono muoversi liberamente, passeggiare e seguire percorsi natura, il sontuoso Barco era un tempo collegato alla città da un canale navigabile del fiume Metauro, che veniva utilizzato dai signori per raggiungere la dimora.

La posizione decentrata, all’interno di un’area verde, è la stessa del passato, in quanto si trattava di un parco venatorio in cui, il Duca d’Urbino e la sua corte, si svagavano e cacciavano.

L’edificio venne infatti costruito per volere di Federico da Montefeltro, nel 1465, ma fatto ampliare alla fine del XVI secolo dall’ultimo Duca, Francesco Maria II della Rovere, il quale amava particolarmente questa residenza, in cui si fermava spesso.

Noi facciamo una passeggiata tutto attorno al complesso, purtroppo chiuso ai visitatori. Ci spingiamo fino alla parte più esterna del parco, per poterlo ammirare in tutta la sua signorile imponenza.

Sant’Angelo in Vado dista meno di dieci km da qui e, attraversando la stretta Valle del Metauro, priva di traffico, la raggiungiamo in pochi minuti.

Splendidamente adagiata sul fiume Metauro, la cittadina si presenta magnifica e tutta da scoprire. La nostra passeggiata si svolge placidamente e senza meta, lungo le vie del centro storico di questa che fu l’antica e gloriosa capitale della Massa Trabaria e, di conseguenza, proprietà del Duca d’Urbino, Federico da Montefeltro.

Ancora più antica, però, la sua origine: già colonia romana, gli studi effettuati sul territorio hanno portato alla luce il suo ruolo di Municipio e la struttura urbanistica tipica del periodo, con un cardo ed un decumano, da cui partivano tutte le altre vie, in maniera geometrica. 

In seguito, la città fu distrutta durante le guerre tra Ostrogoti e Bizantini, ma ricostruita dai Longobardi che la intitolarono all’Arcangelo Michele, da cui il nome Sant’Angelo.

E’ del periodo medievale l’elevamento a capitale della Massa Trabaria, il cui Parlamento si radunava proprio qui, oltre che a Provincia Forestale dello Stato Pontificio.

La crescita e lo sviluppo della cittadina, proseguirono anche nei secoli successivi, tanto che divenne un fulcro di architetture ed opere d’arte e, nel 1636, fu dichiarata Città e Diocesi da Papa Urbano VIII.

Ancora oggi, Sant’Angelo in Vado, ci accoglie con un incantevole centro storico, in cui il fascino medievale, si fonde con la grazia ed il rigore del Rinascimento.

Ci muoviamo incantati tra scorci davvero pittoreschi di vicoletti e piccoli slarghi, fino a piazze che sembrano veri salottini, su cui si affacciano grandiosi palazzi.

Per non parlare della bellezza di Piazza Palazzo della Ragione, che raggiungiamo quando sta facendo buio: amena ed incantevole, molto suggestiva nella notte invernale, in cui il cielo grigio, incornicia gli edifici in pietra, illuminati dalla luce calda dei lampioni pubblici…un’immagine davvero d’impatto, indimenticabile.

Come indimenticabile è la mole del Duomo di San Michele Arcangelo il quale, in questa piazza, sorge elegante. Quella che era l’antica pieve, fu rimaneggiata nel XVIII secolo, con fattezze sontuose, degne di una cattedrale e, da quel momento, si presentò con un aspetto ben diverso, rispetto alla modestia della precedente struttura. Ne visitiamo l’interno, suddiviso in tre navate e, in una delle cappelle laterali, troviamo anche una bella mostra di paramenti sacri e presepi.

Ripercorriamo gli stretti vicoli, ormai completamente bui, mentre il cielo sopra di noi minaccia tempesta dopo la giornata tersa che ci ha regalato e, a tratti, qualche gocciolina scende ghiacciata, tirata dal forte vento gelido.

Prima di tornare al parcheggio, però, scoviamo un barettino aperto, nel quale entriamo per sorbire qualcosa di caldo: cappuccino per me, cioccolata per Daniele ed una piacevole chiacchierata con la proprietaria, la quale ci offre anche dei golosi dolcetti, perché si sa, nelle cittadine di provincia, è ancora possibile intrattenere rapporti umani. 
Dopo questa pausa che ci ha permesso di riattivare la circolazione, raggiungiamo l’auto e ci mettiamo in strada, per tornare con calma verso casa. Un pò di musica e tante risate, ci accompagnano nel tragitto: siamo contenti e soddisfatti del pomeriggio gradevole che abbiamo trascorso, passeggiando serenamente per borghi immersi in una verde vallata, rigenerandoci dopo una dura settimana di lavoro.

Ora possiamo terminare la serata semplicemente, con una pizza davanti alla stufa a pellet, perché questo freddo è davvero pungente, ed un bel film, pronti a decidere dove ci porterà la prossima domenica diversa.

 

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Claudia B.