Di quale itinerario scriverò, quindi? Ebbene, oggi vi racconto di quella volta in cui abbiamo visitato Parigi e i Castelli nella Valle della Loira. Un tour che ci ha fatto fare tappa a Lione, Bourges, Tours, Chenonceau, Amboise, Blois, Chambord… e il gran finale a Parigi e Versailles!
Sapete, è un tripudio di ricordi in fermento quelli che mi assalgono mentre scrivo; è difficile, per me, riequilibrare le idee per cercare di farvi “vedere e vivere” il mio viaggio in maniera coerente; mi accingo a descrivere le prime esperienze fatte e, forse, quello che ne verrà fuori, sarà qualcosa di molto sentimentale, sensoriale, ma decisamente poco pratico.
Ho ricordi chiarissimi e vividi di ciò che ho vissuto ma, per certe soste tecniche, come ad esempio a Lione, una bellissima ed elegante città, nella quale ci siamo fermati solo per il pernottamento ed una breve passeggiata, la mia memoria lavora in maniera sfocata. Dovrete accontentarvi delle mie sensazioni.
Ricordo una città davvero gradevole, in una domenica pomeriggio di fine estate; ricordo il sole che si fonde sugli edifici imponenti e raffinati; la passeggiata lungo Rodano; la grandiosa mole della Basilica di Notre-Dame de Fourvière, costruita in forme neogotiche, nel XIX secolo, dove non riusciamo a salire, perché non abbiamo monete e non c’è una macchinetta per il cambio delle banconote…ragion per cui, se andate a Lione, munitevi di monetine!
Ricordo soprattutto il nostro muoverci senza meta per la città, così rilassata nella domenica di agosto, con l’eccitazione alle stelle, come capita sempre quando si è all’inizio di un viaggio: avete presente quella sensazione a cavallo tra il sogno e la gioia cristallina, data dalla consapevolezza di avere ancora tutta l’esperienza davanti? Ecco, questa è stata l’emozione che ci ha seguiti per l’intera giornata!
La città è antichissima: un sito era presente ben prima della fondazione della colonia romana, nel 43 a.C., anche se fu proprio questa a crescere enormemente, sia per la posizione centrale sulla via verso l’Italia, sia per la confluenza dei fiumi Rodano e Saona, che favorirono l’incremento del traffico di merci.
Ma, a ragion del vero, continuo a dire che, forse, questa sensazione, l’ho assorbita anche dal momento rilassato, in cui ci siamo trovati a viverla…Ad esempio le belle piazze salotto, avvolte nei colori caldi del tardo pomeriggio, così allegre ed accoglienti nella loro sontuosità, dove famiglie e gruppi di amici passeggiano o bevono un aperitivo, in uno dei tanti locali, mentre i bambini giocano spensierati, costituiscono un quadro impresso a fuoco nella mia mente, per la bella sensazione che mi ha trasmesso!
Di Bourges ricordo soprattutto il profumo d’estate, i colori vividi delle aiuole fiorite, i vicoli pittoreschi con le case a graticcio, che si aprono su piccole piazze, in cui vi sono negozietti ancora a misura d’uomo.
Sapete che, se escludiamo il Duomo di Milano, questa è stata per me la prima volta, in cui mi sono trovata al cospetto dell’architettura gotica, in tutta la sua magnificenza? Dopo aver passato anni a studiarla sui libri, è difficile spiegare quanto mi sia emozionata davanti a tanta espressiva bellezza…
E, se devo essere sincera, forse è anche questo il motivo per cui quando penso, dopo dodici anni, al più bell’esempio di architettura gotica, su cui mi sia capitato di posare gli occhi, non posso fare a meno di andare con la mente a Saint-Etienne.
La vista esterna del grandioso abside della cattedrale, su cui spiccano i colori accesi dei fiori; i contrafforti elaborati ed innovativi, per quel periodo; la facciata monumentale che, con i cinque portali corrispondenti ad altrettante navate, ci immette in un interno luminoso e da lasciare senza fiato. Sono davvero legata a questo istante…
Ma apprezziamo tantissimo anche la passeggiata idilliaca fatta per i vicoli del paese, tra ristorantini e negozi, chiusi in questo rilassato primo pomeriggio, fino ad incontrare un altro edificio degno di nota, il Palais Jacques Coeur. E’ la grand maison del ricco figlio di un mercante, che fece una sfolgorante carriera con i commerci nel Mediterraneo e, per rendere onore alla propria scalata sociale, pretese l’edificazione una dimora degna del proprio successo.
L’esperienza vissuta a Tours, invece, ha scavato nella mia mente il suggestivo ricordo di una calda notte estiva: arriviamo in questo splendida cittadina per il pernottamento e, dopo una cena in bistrot, ci ritroviamo a passeggiare per i caratteristici viali, fiocamente illuminati, in un susseguirsi di silenzi irreali e ombre particolari, che vanno a disegnarsi sui muri degli edifici storici.
Una storia antichissima quella di Tours, che iniziò addirittura nel 50 a.C., con la fondazione di una colonia romana.
Nel corso dei secoli, vennero a più riprese inviati evangelizzatori in Gallia, uno dei più importanti fu Saint-Gatien, a cui è intitolata la cattedrale, il quale divenne primo vescovo della città di Tours.
Ma, la figura religiosa maggiormente legata ad essa, è quella di San Martino, sepolto nei pressi della cittadina: secondo la leggenda, l’evento che segnò la conversione del soldato romano, fu la divisione della propria cappa con un povero, alle porte di Amiens.
Durante la notte gli apparve in sogno Cristo, con indosso quello stesso indumento e, quando si svegliò, trovò il mantello miracolosamente intatto. Martino trascorse il resto della propria vita, curando gli altri, combattendo il male, con giustizia e sobrietà.
Fu ordinato vescovo di Tours attorno al IV secolo e, la città, divenne un polo religioso importantissimo, sia per il legame con la sua figura, sia per la posizione centrale nel passaggio dei pellegrini diretti a Santiago de Compostela.
E’ vero che tutti gli edifici, civili e religiosi, sono chiusi in questa tarda notte di agosto, ma il senso di mistero storico, che scaturisce dalle loro imponenti presenze, non ha nulla da invidiare ad una visita diurna.
Le case a graticcio, che si susseguono pittoresche e fuori dal tempo, sembrano riecheggiare il passato, con la particolarità della loro struttura, mentre i nostri passi rimbombano nei vicoli deserti e suggestivi.
Eppure, quando raggiungiamo la vivace Place Plumereau, Tours indossa una maschera completamente diversa, mondana e frizzante. Pare che l’intera popolazione della cittadina, sia stipata qui, tra studenti, abitanti, turisti, curiosi, la storica piazza di Tours è gremita di persone che si godono il fresco della sera.
Ed è bellissimo, incantevole, perchè la quinta in cui tutto questo si svolge, è davvero di prim’ordine: siamo di fronte ad uno dei centri storici più rappresentativi dell’architettura civile medievale, a livello europeo.
Le case a graticcio ospitano, a piano terra, localini graziosi ed accoglienti, dove tanti avventori sorseggiano bevande fresche, mentre chiacchierano allegramente e ascoltano musica dal vivo.
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E poi loro… i castelli nella Valle della Loira. Giuro che, mentre scrivo, mi viene la pelle d’oca, nel ricordare le ore dedicate alla visita di queste sontuose residenze nobiliari, in un misto di emozione, continuo stupore, gioia assoluta per quello che si presentava ai nostri occhi.
Chenonceau, Amboise, Blois, Chambord, sono ancora qui nel mio cuore, a contendersi il titolo di castello più bello!
Nella Valle della Loira si possono creare itinerari delle più svariate fattezze: percorsi in bici, in moto, in mongolfiera, in battello! Insomma, ciò che partorisce la vostra fantasia, sulle metodologie di visita, probabilmente sarà fattibile! Stiamo parlando del cuore verde, del giardino di Francia e, qualunque sarà il modo in cui lo esplorerete, i vostri occhi ne trarranno soddisfazione certa.
Anzi, per farvi capire fino in fondo, la grandiosa rilevanza storica e paesaggistica, di questa parte di Francia, voglio citare testualmente, il riconoscimento con cui, nel 2000, l’Unesco ha dichiarato la Valle della Loira, “Patrimonio Mondiale dell’Umanità”.
Un eccezionale paesaggio culturale, di grande bellezza, formato da città e villaggi storici, grandi monumenti culturali -i castelli- e terre che sono state coltivate e plasmate da secoli di interazione fra le popolazioni locali ed il loro ambiente fisico, in particolare dallo stesso fiume Loira
Chi, come noi, ha percorso le campagne sublimi, passeggiato negli ameni villaggi, visitato i grandiosi castelli, sono certa che riconoscerà in questa citazione, una realtà che ha vissuto sulla propria pelle.
Sono più di trecento (trecento!!!), le residenze ed i castelli della Loira, un patrimonio storico ed artistico articolato, che affonda le proprie radici nei primi fortilizi del X secolo, per arrivare fino alle sontuose residenze signorili seicentesche.
Edifici che possono raccontare storie intricate e coinvolgenti, amori, passioni, gelosie, fatti storici salienti, attraverso ambienti e percorsi museali notevoli.
Quando re Francesco I spostò il centro culturale e politico dalla Valle della Loira, a Parigi, ovviamente fu seguito dalla corte, dagli architetti e dagli artisti ma, fino allo scoppio della Rivoluzione Francese, la maggior parte della nobiltà, considerò le residenze nella Valle della Loira, il posto più accattivante, in cui trascorrere il proprio tempo libero.
Con l’ascesa al trono di Luigi XIV, poi, Parigi divenne definitivamente il luogo di maggior prestigio e, il Palazzo di Versailles, la massima espressione del potere del sovrano. Eppure, la ricca borghesia, o coloro i quali rientravano nella cerchia dei favoriti del re, continuarono a ristrutturare o erigere palazzi nella Valle della Loira, in cui trascorrere l’estate.
Fatti storici salienti si svolsero in questi luoghi e tra le mura dei castelli: le cruente e continue battaglie combattute durante il periodo medievale in maniera quasi continua, durante il quale, i castelli, avevano per i feudatari il ruolo di sottolineare la propria importanza.
Poi il Rinascimento, quando le strutture vennero abbellite e, la stessa Valle della Loira, oltre che ospitare la capitale del regno a Tours, divenne un fiorente e vivace centro culturale, in cui operavano gli architetti e gli artisti di maggior spicco, tra cui il nostro amato Leonardo da Vinci.
Egli trascorse qui gli ultimi anni di vita, prima della morte avvenuta proprio ad Amboise, dove è ancora possibile visitare la sua tomba. Senza scordarsi che, proprio durante il suo soggiorno francese, vendette personalmente al re di Francia “La Gioconda”, casomai qualcuno volesse rivendicarne il possesso…
Sempre del periodo rinascimentale, sono la nascita e diffusione della stampa, quindi anche della propaganda delle nuove tendenze artistiche, architettoniche e filosofiche. Per non parlare della vasta diffusione delle idee di Lutero e Calvino, che portarono dapprima ad una importante trasformazione a livello religioso, quindi alla feroce repressione da parte della Chiesa cattolica, la quale provocò gravissime lotte intestine.
Ovviamente la Valle della Loira non restò immune ai fatti della Rivoluzione Francese: se da una parte, infatti, i grandi centri accolsero e appoggiarono i princìpi dei rivoluzionari, dall’altra, i piccoli villaggi, insorsero a favore del re e, questi opposti fronti, portarono a battaglie cruente e disordini.
Le residenze nobiliari ed i castelli, dal canto loro, subirono saccheggi e distruzioni, come dimostrazione rivoluzionaria contro gli agi dei nobili.
Oggi, però, nella quiete colorata ed accogliente della Valle della Loira, è impossibile percepire tutto questo. Lo si impara e lo si rivive, durante le visite guidate approfondite e coinvolgenti, che si svolgono all’interno dei castelli.
Nel muoversi da una parte all’altra, nel vivere i luoghi, nulla traspare se non una ricercata espressione di colori, di giochi di luce, di particolari architettonici, fra ameni villaggi da cartolina, giardini d’autore e castelli da fiaba.
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Infine, l’arrivo a Parigi. Enrico IV disse: “Parigi val bene una messa”, prima di convertirsi al cattolicesimo.
Ora, sebbene la mia esperienza nella capitale francese non sia dipesa di certo da ragioni di Stato, devo dire che, la prima volta che ho visto comparire Parigi all’orizzonte, ho pensato immediatamente a queste parole.
La realtà, cari lettori, è che quel giorno era stato davvero intenso per me: prima di tutto, si erano concentrate le visite ad Amboise, Blois e Chambord, dopo la strepitosa esperienza a Chenonceau del pomeriggio prima e, il susseguirsi di emozioni, mi aveva di certo portata in una situazione di irreale sbalordimento.
Ma, soprattutto, quel giorno avevo un febbrone da cavallo, stavo malissimo, le sole cose che riuscivo a fare erano: dormire in bus; scendere e partecipare il più attivamente possibile alle visite; cercare di mandare giù un piccolo boccone in modo tale da prendere tanta Tachipiria; risalire in bus e dormire ancora sulle gambe del povero Daniele, coccolata da tutti i miei compagni di viaggio.
Converrete che, quando mi svegliarono per dirmi: “Cla, Parigi!”, il fatto di saltare come una molla, tra i fumi della febbre, e commuovermi per tutto quel vasto scintillio, ripensando alle parole di Enrico IV, era il minimo che potessi fare!
La seconda cosa da fare, sarebbe stata andare direttamente in hotel e riposare per bene, in vista del giorno successivo, dato il cumulo intenso di visite febbricitanti da cui uscivo…Certo, se già allora fossi stata una persona normale, forse avrei agito in questo modo.
Invece sapete cosa ho deciso di fare? Convinto Daniele che sarei sopravvissuta, abbiamo fatto una romantica ed indimenticabile escursione in bateau mouche, lungo la Senna, con imbarco nei pressi della Tour Eiffel!
Guardate, io penso che ogni linea di febbre abbia seriamente deciso di andarsene in quel momento, davanti all’incanto scintillante della rive droite e della rive gauche, dei palazzi eleganti riflessi nella Senna, dei monumenti simbolo di una storia millenaria, dell’allegria delle persone per le vie della città…
Non abbiamo trascorso abbastanza tempo a Parigi, per scoprirla a fondo, ne siamo riusciti a visitare solo una parte infinitesimale, anche se, considerandone la vastità e il numero smisurato di monumenti, nemmeno una settimana sarebbe stata sufficiente.
Eppure, nei giorni trascorsi in città, abbiamo impiegato ogni momento a nostra disposizione, dormendo il minimo indispensabile, fermandoci solo qualche istante per i pasti. Ci siamo impegnati per assorbirne ogni scorcio, ogni respiro, tra visite guidate, lunghissime camminate, spiegazioni.
Quello che ricordo ancora oggi, è la frenesia elegante e coinvolgente di Parigi, la bellezza di ogni suo angolo, il modo in cui la luce riflette gli edifici e fa scintillare la Senna. E’ vero, è una grandissima metropoli, a volte si prova una sensazione di smarrimento, eppure è solo un momento perché, incredibilmente, ci si sente sempre a proprio agio.
Forse questa è una delle magie più grandi di Parigi, entra in contatto con le persone, le raggiunge, ha qualcosa di umano. Per anni mi sono chiesta come mai tutti si riferissero a questa città come ad un luogo magico, a volte ho persino pensato che qualcuno esagerasse; invece ho constatato che Parigi ha qualcosa di unico, di introvabile altrove.
Passeggiare per gli Champs-Elysées, dominati dalla mole dell’Arco di Trionfo, o lungo gli ampi boulevards, su cui si affacciano negozi e bistrot, che nascondono sempre angolini speciali, magari un vicolo più piccolo, oppure un passaggio coperto, ti dà una sensazione diversa, per ogni momento della giornata.
Farlo durante il giorno, non ha lo stesso sapore del farlo al tramonto, quando la luce ha una tonalità speciale e, pur essendoci tante persone, è come se la città vivesse un istante di immobilità, prima dell’esplosione di vita notturna!
Persino la Senna pare rallentare un attimo. E mangiare una crepe calda, mentre ci si muove senza meta, avvolti da tanta raffinata bellezza, dà un sapore diverso ai propri passi.
Poi le piazze, che a Parigi non sono semplici slarghi, ma pezzi di storia, ricettacoli di capolavori. I ponti spettacolari, quelli che definirei un collegamento fra opere d’arte.
I palazzi che lasciano sempre a bocca aperta per la loro eleganza…in questo senso non posso non pensare all’Operà Garnier, così chic nella sua veste di palcoscenico, sia di giorno, che con le soffuse luci notturne, oppure all’imponente Hotel des Invalides, sede del Museo dell’Esercito e grandiosa tomba di Napoleone Bonaparte.
Il numero quasi illimitato di edifici religiosi, dai più singolari e ricchi di simbolismi, come ad esempio la Madeleine, ai classici capolavori dell’arte medievale, come Notre-Dame… anche se il mio cuore continua a battere per la Cattedrale di Saint-Etiénne a Bourges: quando si dice che il primo amore non si scorda mai!
Meraviglioso, a mio avviso, anche il contrasto perfettamente in simbiosi tra moderno e antico, come nel caso del Louvre o della Piazza della Bastiglia, seppure non sempre l’accostamento di architetture all’avanguardia con edifici storici, viene visto subito di buon occhio. Amore e odio!
Un pò come d’amore e odio è il rapporto con la Tour Eiffel, mai completamente accettata, ma nemmeno mai completamente voluta fuori dal tessuto urbano.
Ricordo ancora il nostro contatto diretto con la Tour, dopo quella prima sera: tardo pomeriggio; tempo bruttissimo, nuvoloso, ventoso… dopo una celere fuga dai giardini di Versailles, dove si è scatenata una tempesta perfetta, decidiamo in fretta di salire alla Tour.
Paghiamo il biglietto e via!, in fila per regalarci il nostro momento panoramico. Un’emozione fortissima ci accompagna ad ogni metro di ascesa: vedere la città che diventa sempre più piccola, fino a poterla abbracciare con lo sguardo, completamente a nostra disposizione, è bellissimo.
Il vento ci sferza violentemente, ma non riusciamo a distaccarci dalla terrazza panoramica, perché Parigi, da qui, sembra un’esposizione di scatti in bianco e nero.
E il Louvre? Ho già accennato, se non ricordo male, al fatto che per anni ho studiato storia dell’arte, con amore e passione e, quando ho iniziato a viaggiare, poter vedere con i miei occhi, vivere sulla mia pelle, tante opere che, fino ad allora, avevo potuto solo ammirare sui libri, è stato molto d’impatto, molto forte, per me…
Ricordo come fosse ora, il momento in cui siamo arrivati al Louvre, in cui siamo entrati nella piramide ed abbiamo iniziato a scendere verso la biglietteria, con le scale mobili: ho pianto. Scattavo foto e piangevo! Continuavo a saltare e dicevo: “Dani, siamo al Louvre, ci sono riuscita”.
E ancora, rievocando quei ricordi, mi emoziono, e non posso fare a meno di ripetermi quanto viaggiare sappia aprire in noi dei torrenti di sensazioni bollenti e dolcissime, profonde e graffianti.
Considerando nell’insieme la nostra esperienza a Parigi, mi chiedo: avremmo potuto fare di più? Onestamente, alla luce di tutto ciò che è stato quel fantastico viaggio, direi che per tempistiche no, non avremmo potuto fare altro.
Forse, potevamo rinunciare alla visita di Versailles, per passare l’intero pomeriggio in città e, magari, salire a Montmartre, oppure andare al Musée d’Orsay. Ma come ci si può negare il piacere di scoprire lo Chateau de Versailles? La sontuosa e spettacolare residenza, tanto amata dai re francesi, emblema stesso del Barocco, labirintica opera d’arte, è qualcosa di cui non ci si può privare. Pena la ghigliottina!
Cosa vedere a Parigi? A cosa rinunciare a Parigi? Quali sono i luoghi imperdibili di Parigi? Sapete una cosa: io non posso rispondere a queste domande. Ma un consiglio concreto, sentito, profondo, posso darvelo: agite d’istinto.
Camminate e vivete la città il più possibile, fatevi attirare dagli angoli che più solleticano la vostra curiosità, entrate nei musei e nelle chiese che più vi incuriosiscono, fermatevi a prendere una crepe caldissima poi, riprendete a camminare.
Camminate lungo la Senna, navigate sopra la Senna, camminate ovunque il vostro occhio venga richiamato da un’immagine accattivante.
Respirate ed assorbite la Parigi che voi state cercando, che voi desiderate vedere; non lasciate che siano altri a dirvi dove andare o cosa fare. Parigi è di chiunque voglia innamorarsene…
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Consigli utili
-Attenzione alle salse che accompagnano i piatti a base di carne: uno dei souvenir che ho portato con me dalla Francia, è un delizioso segno giallo ormai parte della maglietta che indossavo a Lione; appena “dipinto” il colore era giallo fluò… mutato in una pallida ombra, nel corso degli anni. A me il giallo piace… però siamo onesti: il giallo sbatte, non sta bene a nessuno se non alla cara Ely the Second (saluti Maestà!).
-Vi consiglio caldamente di studiare il cinese. Oppure l’antico aramaico.
-Volete sapere il perchè del secondo consiglio? Okay, questo lo devo proprio dire, soprattutto visto che si tratta di una cosa che, mio marito, ancora ripete dopo dodici anni. E’ vero con l’inglese ormai le porte sono spalancate ovunque ma, la mia dolce metà, non si rassegna al fatto di non aver trovato una misera segnaletica informativa in italiano, se non sulla tomba di Leonardo da Vinci. La presenza di indicazioni in cinese è quella che, ancora oggi, turba maggiormente i suoi sogni…
Complimenti un post davvero unico! E poi che posto magnifico hai scelto. I castelli della Loira sono fiabeschi 🙂
Ciao Sabrina e grazie per il tuo commento!
Per me la stesura di questo racconto è stato un esperimento, non sapevo bene come gestire le mie foto cartacee e un viaggio di ben 12 anni fa!
Poi ho trovato un modo…riprendere con un espediente le mie immagini e, soprattutto, smettere di riflettere sui tanti anni trascorsi: alla fine è stato come rivivere ogni attimo di quella settimana da favola ?
In effetti ne ho un ricordo vivido e, non ti nego, spesso mi ritrovo a pensare a quei momenti!
Grazie ancora,
Claudia B.
Sì molto benevola. Hai detto bene ''smania''
E’ la parola che rende meglio, secondo me. Dà proprio l’idea di questa necessità irrefrenabile ed ingestibile, per certi versi. Ti avvolge, coinvolge ogni senso. Quindi si, direi che “smania” è assolutamente perfetto ?
Claudia B.
Io a volte mi chiedo se questa smania è una malattia
Diciamo che se lo fosse, sarebbe una gran bella malattia; una di quelle che ti assale facendoti stare bene e portandoti alla scoperta di cose bellissime.
Ho letto un articolo in proposito, qualche tempo fa dove, in effetti, la smania di partire, veniva presentata come una malattia ma, alla fine, il tutto veniva presentato in maniera positiva.
Mah… io so solo che è una necessità che mi forza da dentro, la sento nascere e crescere dentro di me come qualcosa di vivo; un desiderio incontrollabile di regalarmi un altro pezzetto di mondo! Non so se ti succede lo stesso…
Una cosa è sicura: alla fine è un’esperienza che non può fare male, ma regala emozioni così intense, ricordi così radicati e momenti talmente speciali, che può essere solo una malattia benevola!
Claudia B.
Brava Claudia con questo racconto mi hai commossa. Ho vissuto più di una vita le tue sensazioni nei luoghi che ho visitato. Entrare nei libri, entrare nei sogni. E mi sono commossa. Quando desidero veramente vedere una cosa in prima persona non riesco a trattenere un singhiozzo. Mi è capitato domenica scorsa dentro al corridoio Vasariano. Mi è successo davanti al mare di Lampedusa oppure a Cracovia davanti alla dama con l' ermellino. Perciò ti capisco e ti auguro di rivedere tante tante volte la tua Parigi. Anna Maria
Prima di tutto grazie, perchè mentre scrivevo, non avevo idea di quale sarebbe stato il risultato (dopo dodici anni si fa quello che si può!), e sapere che ti sei commossa, mi fa capire di avere fatto qualcosa di giusto.
Passando alle sensazioni: sai, mi ritrovo con lacrime di emozione e gioia spessissimo quando viaggio (okay, sempre, non solo spesso), lacrime che non riesco a trattenere e, a volte, mi sento in difficoltà, perchè non so mai cosa possa pensare la gente, di queste esternazioni. Non vorrei credessero che mio marito mi ha dato uno scapaccione! E’ che trovo talmente vere, palpabili e forti queste sensazioni, da non poterle trattenere…
Ogni volta che prenoto un viaggio, fino a tutta la sua durata, un pensiero si formula nella mia mente: “sono una miracolata, per il fatto stesso di poter viaggiare”. E pensare che il nostro viaggiare viene direttamente da una passione che ci porta a rinunciare a tutto il resto, per potercelo permettere, quindi più che miracolata, dovrei solo ritenermi fortunata nella mia scelta!
Invece, secondo me, ogni viaggio è un miracolo, un momento di vita che ti appaga e ti lascia dentro il mondo…
Claudia B.