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Cosa vedere ad Assisi, città di Santi e profani

Cosa vedere ad Assisi, città di Santi e profani

Oggi voglio parlarvi di cosa è possibile vedere ad Assisi e negli immediati dintorni, in una giornata.
La prima volta che ho visitato Assisi, ero solo una bambina e, mi ricordo, ne rimasi affascinata, abbagliata.
La seconda volta, è stato nel 2006, insieme a Daniele: volevo assolutamente fargli vedere la cittadina umbra che tanto mi aveva stregata.
La terza volta è stata nel 2011, quando “ho fatto da cicerone” ai miei genitori e ai loro amici.
Insomma, una cosa appare ovvia: io adoro Assisi, ne amo ogni angolo ed ogni scorcio e, al di là di averla inserita nella mia serie di articoli dal titolo “Viaggio fotografico in Umbria”, ho deciso di parlarne anche in separata sede. Desidero dedicare ad Assisi un racconto di viaggio esclusivo, nello stesso modo in cui la cittadina occupa un posto esclusivo nel mio cuore!
Assisi la vediamo spuntare già dalla strada: imponentemente adagiata sul Monte Subasio, la bella città rapisce inesorabilmente lo sguardo di chi attraversa la Valle Umbra.
E’ impossibile non lasciarsi attirare dall’abitato splendidamente disposto sul versante montano; impossibile non notare subito il luogo di culto famoso in tutto il mondo, la Basilica di San Francesco. Insomma, Assisi ha un’identità spiccata anche se vista da lontano.
Non raggiungiamo immediatamente il centro storico, ci fermiamo in località Santa Maria degli Angeli, per visitare l’omonima basilica. Nell’antichità questa zona era conosciuta col nome di Cerreto di Porziuncle, in quanto ricca di selve boschive.
Quello che scopriamo solo per caso è che la metropoli californiana di Los Angeles, fondata dai frati francescani, prende il nome proprio da questa località e dalla sua importantissima basilica. Letteralmente, infatti, il nome intero di Los Angeles, tradotto in italiano sarebbe: “Villaggio di Santa Maria degli Angeli della Porziuncola”…decisamente un pò troppo lungo nella vita di tutti i giorni. Mantenere solo la parte centrale, ossia Los Angeles, è stata una necessità!
Troviamo posto per l’auto in una via laterale e, finalmente, possiamo dirigerci verso il sagrato da cui ammirare la barocca mole della Basilica di Santa Maria degli Angeli, iniziata nel XVI secolo e terminata nel XVII. In questa pianura boscosa, alcuni eremiti provenienti dalla Palestina eressero una piccola cappella e, nel VI secolo, furono i benedettini a prenderne possesso.
Secondo una leggenda, secoli dopo, mentre pregava davanti al Crocifisso nella Chiesa di San Damiano, San Francesco sentì una voce che gli chiedeva di “andare a riparare la piccola chiesa”La cappelletta della Porziuncola divenne un luogo cruciale nella conversione del Santo.

Dopo averla ristrutturata ed aver aggiunto altri edifici, egli vi sostò spesso in preghiera, fino a quando comprese che, la sua vita, doveva completamente cambiare il proprio corso.

Fu così che, nel 1205, egli fondò l’ordine francescano, esattamente nella semplice e raccolta cappella, che divenne per lui una sorta di primitiva ma accogliente abitazione, ogniqualvolta tornava dai propri pellegrinaggi.

E, nella vicina cappella del Transito, il 3 ottobre 1226, San Francesco morì. La cappella della Porziuncola divenne anche la “casa” che accolse Santa Chiara, quando fuggì dalla propria famiglia, per seguire il cammino verso la conversione.

La Basilica di Santa Maria degli Angeli venne edificata nel XVI secolo, proprio per preservare e contenere questo importantissimo luogo di culto: una sorta di sontuosa cassaforte che inglobò non solo la piccola cappellina, ora nella navata principale dell’edificio, ma anche le cappelle del Transito e del Roseto

Il progetto venne affidato a Galeazzo Alessi, il quale pensò a qualcosa di semplice e rigoroso, che si rifacesse all’ideale di povertà tanto caro a San Francesco…Nel XIX secolo, quando l’Umbria venne scossa da terribili terremoti, la Basilica di Alessi subì gravissimi danni e, il nuovo architetto incaricato dei lavori di restauro, Cesare Bazzani, le diede il monumentale aspetto, con cui è arrivata sino a noi. 

In effetti, mentre visitiamo l’interno di Santa Maria degli Angeli, a croce latina suddiviso in tre navate, la piccola chiesetta della Porziuncola sembra perdersi in così tanta vastità. Per quanto riguarda le decorazioni, devo dire che tutto è estremamente semplice, essenziale, eppure la cappellina fa quasi tenerezza, chiusa in un così imponente scrigno.

Proseguiamo verso la Cappella del Transito, l’esatto luogo in cui il Santo terminò la stesura del “Cantico delle Creature” e morì. Ma, quello che attira la nostra curiosità e il nostro sguardo, è il Roseto di San Francesco, con la sua leggenda: attanagliato dai rimorsi per i peccati commessi in vita, egli si gettò nudo nel roseto, per far si che le spine gli infliggessero una dolorosa pena.

Eppure, al contatto col corpo dell’uomo, il roseto perse tutte le proprie spine, in modo da non fargli del male e, da allora, fiorisce senza produrne. Dopo aver visitato anche il Museo di Santa Maria degli Angeli, proprio di fianco alla basilica, torniamo verso il parcheggio, per salire in auto e raggiungere il centro storico di Assisi.

Assisi, città di San Francesco e Santa Chiara, è uno dei luoghi più belli d’Italia; lungo i suoi vicoli e le sue piazze, uno più pittoresco dell’altro, ci si può davvero perdere, provando il forte desiderio di non venir più ritrovati.

Città di Santi ma anche di profani, l’antichissimo abitato è un agglomerato di chiese, così come di botteghe artigianali e prodotti tipici, di enoteche e ristoranti.

Sapete cosa amo di più di Assisi? L’atmosfera. Provate a chiederlo a chiunque è stato qui: c’è una sorta di corrente sensoriale, che ti attraversa sottopelle mentre tu la scopri, un passo alla volta.

Un’emozione tangibile, cari lettori, qualcosa di talmente vivido da farvi tornare a lei con piacere o, se questo non fosse possibile, vi imprimerà Assisi nei ricordi, come un marchio a fuoco, profondamente sottopelle.

Assisi ebbe origine da un villaggio fondato dagli Umbri, i quali intrattennero proficui rapporti commerciali con gli Etruschi. Quando i Romani estesero la propria egemonia sull’Italia Centrale, il villaggio si trasformò in una colonia dal nome Asisium e, nell’89 a.C., divenne un importantissimo municipio romano.
Il cristianesimo ad Assisi, si diffuse a partire dal III secolo d.C., con l’operato del vescovo Rufino, cui è intitolato il bellissimo duomo gotico della città.
Purtroppo con la calata dei barbari in Italia, Assisi subì gravissimi saccheggi e, dopo un breve periodo di controllo da parte dei Bizantini prima, e dei Longobardi poi, il centro passò sotto l’egemonia del Ducato di Spoleto, sino al XII secolo.
Nel 1174, infatti, il Barbarossa prese possesso della città, rendendola dominio imperiale sotto il controllo del Duca Corrado di Urslingen. Fu un lungo periodo di insurrezioni e ribellioni, dovute al malgoverno del prepotente figuro: fino a quando il popolo riuscì definitivamente a scacciarlo, proprio alla fine del XII secolo.

Non che le cose migliorarono, dato che Assisi subì ripetuti assedi da parte dell’esercito di Federico II di Svevia, il quale aveva tutta l’intenzione di riprendere possesso della città: fu solo grazie alla forza morale e al carisma di Santa Chiara, se la popolazione riuscì eroicamente a resistere.

Nei secoli successivi, vi fu un’alternanza nel controllo tra guelfi e ghibellini, quindi la città passò sotto l’egemonia dello Stato della Chiesa, dei Perugini, dei Visconti, dei Montefeltro, di Braccio Fortebraccio e degli Sforza.

Non si può certo dire che, da un punto di vista storico, la cittadina umbra ebbe vita facile. Bisognerà aspettare il XVI secolo, con la conquista dell’Umbria da parte di Papa Paolo III, per far si che anche Assisi attraversi un periodo di tranquillità.

In particolare nel XVII secolo, vennero fondati istituti ed accademie che diedero nuovo vigore culturale alla città…interrotto dalle guerre napoleoniche, il cui esercito saccheggiò pesantemente le opere d’arte di cui Assisi, era colma.
Non una storia semplice quella della meravigliosa cittadina, quindi, il cui centro storico presenta tutte le caratteristiche dei vari secoli di dominazione.

Assisi è un nucleo in cui opere di ogni periodo storico, convivono in una perfetta e accattivante armonia. Non c’è nulla fuori posto: architetture di epoca romana, epoca medievale, epoca rinascimentale, ad esempio, si sono fuse perfettamente in un connubio meraviglioso.

Visitiamo la Basilica di Santa Chiara, prima della chiusura dell’ora di pranzo: edificata in stile gotico, dopo la morte della donna nel 1257, l’esterno colpisce per gli ampi contrafforti, sotto cui si può passeggiare, ammirandone la struttura ad arco rampante. La facciata policroma straordinaria, in marmo rosa e bianco, chiude elegantemente la piazza terrazzata su cui si affaccia. 
L’interno è di una semplicità davvero basilare, un’unica navata su cui si aprono la Cappella di Sant’Agnese e la Cappella di San Giorgio. Proprio da quest’ultima, si accede all’Oratorio del Crocifisso, in cui sono conservate numerose reliquie ed il Crocifisso di San Damiano che, secondo la tradizione, parlò a San Francesco.

Non perdiamo una visita alla cripta, dove sono conservate le spoglie mortali di Santa Chiara, la cui casa natale, invece, sorge di fianco alla Cattedrale di San Rufino.

Proseguiamo la passeggiata, salendo lungo i piccoli, silenziosi ed intricati vicoli, che conducono alla medievale Rocca Maggiore, distrutta proprio durante quell’insurrezione popolare che portò alla deposizione del Duca di Urslingen. Venne poi ricostruita nel XIV secolo dal Cardinale Albornoz, anche se il bastione cilindrico e la torre poligonale, sono aggiunte successive. 
Il panorama che si gode alla fine della salita, è qualcosa di straordinario: si possono ammirare la Rocca Minore, la Cattedrale di San Rufino, la Chiesa di Santa Chiara e la Basilica di San Francesco, svettare sull’ampio abitato.

Sembra un dipinto, tanta è la grazia soave della pietra che risalta sul verde della Valle Umbra. Un vero capolavoro in cui perdersi con lo sguardo, mentre si riprende fiato.

Discendiamo lentamente, godendoci ogni scorcio, prima di visitare la Cattedrale di San Rufino, che sorge sull’omonima piccola, graziosa piazza, un’antica terrazza di epoca romana.

Mi emoziono profondamente, davanti a questa strepitosa interpretazione del romanico umbro, portato al massimo dello splendore e della raffinatezza. In confronto l’interno, suddiviso su tre navate, è assolutamente sobrio e luminoso.

Iniziata nel XII secolo, la Cattedrale fu terminata solo nel XVI secolo, ragion per cui allo stile romanico, si miscelano anche caratteri  barocchi e neoclassici.

Seguiamo una serie di vicoli ameni, vere cartoline architettoniche, dove la pace ed il silenzio si fondono con la curiosità della scoperta e con i profumi delle norcinerie: in effetti, data l’ora, un panino con prosciutto crudo di Norcia non ce lo neghiamo di certo! Qualcosa di fresco da bere, un posticino all’ombra in cui sedersi e, dopo poco, siamo pronti per ripartire.

Inoltrandoci tra alcune stradine, scorgiamo la mole della barocca Chiesa Nuova, citata in un documento del XIV secolo come piccolo luogo di culto che, secondo la tradizione, fu la casa natale di San Francesco d’Assisi. Nel Seicento venne fatta edificare questa grandiosa opera, dal Re di Spagna Filippo III.

Raggiungiamo Piazza del Comune la quale, solo nel Duecento, divenne vero e proprio cuore politico della città. Siamo circondati da una serie di edifici notevoli: la cinquecentesca Fonte di Piazza, con i tre leoni; il Palazzo dei Priori, iniziato nel XIII secolo; il Palazzo del Capitano del Popolo, del XIII secolo, con l’annessa Torre del Popolo, del XIV secolo.

Ma, soprattutto, la Chiesa di Santa Maria Sopra Minerva, l’antico tempio romano del 30 a.C., trasformato in chiesa cattolica nel Cinquecento. Il nome deriva dal ritrovamento di una statua dalle fattezze femminili anche se, secondo alcuni studi, il tempio era probabilmente dedicato ad Ercole.

La Piazza del Comune rappresentava l’antico foro romano e, con la facciata del tempio lasciata praticamente inalterata, si può ancora respirare ampiamente quel grandioso periodo storico.

Proseguiamo la passeggiata, spingendoci verso piccoli vicoli poco frequentati, ma unici e godibili, angoli veramente accoglienti e suggestivi.

Silenzio e panorami, palazzine meravigliose e scorci, ci accompagnano fino alla piazza su cui sorge la Chiesa di San Pietro, del X secolo. Un gioiello romanico, rimaneggiato più volte sino al XIII secolo.

La facciata di San Pietro, ci accoglie con tre portali, sormontati da altrettanti rosoni, che immettono in un interno austero a tre navate, divise da colonne che sorreggono archi a tutto sesto. Le volte a botte e la pietra, creano un intimo raccoglimento.

Una chiesa in cui adoro entrare, ogni volta che visito Assisi: mi ha conquistata ed è uno dei luoghi di culto della città che preferisco.

Dopo questa lunga passeggiata di scoperta, arriviamo al cuore religioso della città: la Basilica di San Francesco, suddivisa in Basilica Superiore e Basilica Inferiore. Un posto che ha qualcosa di speciale, sia per i credenti, che per coloro i quali giungono fino a qui per ragioni legate all’arte.

Sin dal 1230, vi sono conservate le spoglie mortali del Santo Patrono d’Italia; è anche il luogo di culto considerato chiesa madre dell’ordine francescano.

Ora, ci sarebbero mille cose da dire su questo scrigno dell’arte italiana ma, personalmente, vorrei soffermarmi su come, la grandiosità della struttura, cozza malamente con l’ideale di povertà di Francesco, il quale scelse si, personalmente, il luogo della propria sepoltura, indicando una collina della città, in cui venivano normalmente tumulati i briganti, ma chiese di rispettare la regola della povertà, nell’edificazione delle architetture…
Il rigore francescano fu bypassato, appellandosi all’idea di creare una sorta di  Bibbia per i poveri, nella quale le decorazioni articolate avevano il compito di comunicare il messaggio della Regola e la parola di Dio a tutti, compresi gli analfabeti.

Diciamo che, il fatto di diventare uno dei capisaldi della rappresentazione del gotico in Italia, con la sontuosità delle pitture murali per le quali, solo per citarne alcuni, si avvicendarono artisti come il Maestro di San Francesco, Cimabue, Giotto, Simone Martini, Pietro Lorenzetti, non hanno nulla a che vedere con l’ideale di povertà tanto caro all’ordine francescano.

Da essere umano che, nel corso dei proprio viaggi, ha avuto modo di vedere ed apprezzare i luoghi di San Francesco e soffermarsi laddove egli si trattenne, perlopiù rocce e cellette di una semplicità che, definire elementare, sarebbe un eufemismo, l’impatto con la grandiosità della Basilica, mi lascia momentaneamente stranita.

Poi, però, da folle amante dell’arte quale sono, il mio cuore ed il mio cervello non riescono a restare impassibili e, come una sorta di automa sotto incantesimo, mi lascio travolgere da questo momento di fusione totale con la storia dell’arte. 

Insomma, buon Francesco, mettiamola così: questo non è ciò che tu magari intendevi…proprio no, ma direi che hai fatto la gioia assoluta di noi appassionati d’arte! E poi, un luogo tanto bello, deve necessariamente avere qualcosa di divinamente soprannaturale.

Decidiamo di tornare verso il parcheggio, attraversando per intero la pittoresca Via San Francesco, approfittandone anche per bighellonare tra le vetrine di artigianato locale e, perché no, entrare in un’enoteca, dove assaggiamo ed acquistiamo qualche vino della zona. In fondo l’Umbria è anche una terra di sapori, oltre che scrigno d’arte e cuore verde dell’Italia!

Ci imbattiamo nella Chiesa di Santa Maria Maggiore e, visto che siamo qui, ne approfittiamo per visitare questo bell’edificio romanico…con bottiglie di vino al seguito! Edificata tra l’XI ed il XII secolo, su una preesistente architettura paleocristiana, durante il periodo romano le fu costruita a ridosso una domus.

Nella cripta, infatti, sono conservati un sarcofago e dei capitelli risalenti a quell’epoca. Il rigore della struttura nell’insieme è molto piacevole, così come l’interno suddiviso in tre navate.

La giornata, però, non è ancora finita. Prima di tutto, facciamo una sosta nella vicina Chiesa di San Damiano, posizionata in un punto panoramico meraviglioso, sulla Valle Umbra, a pochi passi dal centro di Assisi.

Questo, come già detto all’inizio, è il luogo in cui il Crocifisso parlò a San Francesco, nel 1205, chiedendogli di riparare la piccola cappellina della Porziuncola. Francesco restò sempre legato a San Damiano e vi compose il “Cantico delle Creature”, che terminò poco prima della morte nella chiesetta del Transito.

Sempre qui, Santa Chiara fondò l’ordine di suore di clausura, dopo aver ascoltato una profezia di San Francesco e, fino al 1260, le suore rimasero in questo luogo di pace.
Il convento francescano ingloba la facciata della chiesa, preceduta da un porticato, caratterizzato da archi a tutto sesto. L’interno è semplicissimo: lo si può vedere da una piccola finestrella, che dà sull’unica navata coperta da una volta a botte.

Risaliti in auto, seguiamo una strada panoramica che si inerpica sulle pendici del Monte Subasio, per raggiungere un piccolo, nascosto, Paradiso Terrestre: l’Eremo delle Carceri.

Fin dai primi secoli, le grotte naturali presenti in questa zona boscosa, furono frequentate da eremiti in cerca di silenzio e raccoglimento: non a caso venne scelto anche da San Francesco e dai suoi seguaci, proprio a questo scopo.
Quando, in effetti, accediamo all’Eremo delle Carceri, restiamo momentaneamente senza fiato. E’ come se ogni peso legato alla vita quotidiana, ci venisse gentilmente tolto dalle spalle e depositato fuori dalla porta d’ingresso.

Immersi in un profumato bosco di lecci secolari, nel quale ci concediamo una breve escursione, gli edifici dell’Eremo sembrano quasi irreali, pur nella loro concreta imponenza.

Le antiche grotte e le celle, sono ovviamente state inglobate dalla struttura; nel piccolo chiostro, che è una bella terrazza triangolare, vi è un pozzo nel punto in cui San Francesco fece miracolosamente sgorgare dell’acqua.
Visitiamo gli interni del sito, un susseguirsi di semplici stanze, collegate da corridoi stretti. Impressionante la cella di San Francesco, come sempre di una sobrietà disarmante: una pietra su cui dormiva, all’interno di uno spazio angusto, con un foro da cui si vede il fondo del burrone.

Secondo la tradizione il buco fu provocato dal demonio, quando venne scaraventato nel baratro da Rufino, uno dei primi seguaci di Francesco.

Pace e armonia, semplicità e raccoglimento. Solo una nota stonata nell’insieme. Vorrei far finta di nulla ma, proprio, non posso tacere. San Francesco visse nella più completa povertà, nel rigore, soffrendo enormemente per i propri trascorsi mondani. Come lui i suoi seguaci. Ma oggi, che ne è stato di questo disinteresse verso il denaro?
Io capisco che siamo in un periodo in cui non ci si può fidare di nessuno ma, onestamente, vedere religiosi che in maniera quasi continua, escono nelle sale dell’Eremo per raccogliere velocemente le elemosine, senza un gesto di umanità…a me non è piaciuto.

Capisco che non si possano lasciare soldi in vista. Ma questa sorta di incasso continuo e coatto, seguito da parole scostanti contro chi scatta una foto, senza disturbare la quiete, né provocare danni, mi ha lasciato l’amaro in bocca. Ambedue le volte che sono stata qui.

Avrei dovuto far finta di niente? Non scrivere questa cosa? Ci ho pensato e ho deciso che, il mio Voce del Verbo Partire è un blog libero, scritto da una persona libera, con pensieri che non sempre sono popolari. Anzi, forse quasi mai. Ma almeno sono pensieri onesti. E, in questi gesti automatici e senza anima, non ho trovato nulla di onesto.
E sono arrabbiata, perché l’Eremo delle Carceri è uno dei luoghi in assoluto più intensi, che popolano la nostra penisola, uno di quelli che amo profondamente…eppure i miei ricordi delle due visite, sono inquinati da questo pensiero.

Un caso, forse? Non lo so, considerando che la medesima cosa si è ripetuta nello stesso modo, durante due diverse occasioni, a distanza di cinque anni una dall’altra.
Il modo migliore per terminare il mio racconto di viaggio, credo sia quello di citare il più antico testo poetico della letteratura italiana, una poesia a Dio e al suo operato, composta dall’uomo che, nato peccatore, ha passato poi tutta la vita a riabilitare la propria persona, agendo nel bene, nella sobrietà e dedicandosi anima e corpo agli altri: il “Cantico delle Creature”.

Scritto da San Francesco in volgare umbro, la riporto di seguito in italiano:


Altissimo, onnipotente, buon Signore
tue sono le lodi, la gloria e l’onore
ed ogni benedizione.
A te solo, Altissimo, si confanno,
e nessun uomo è degno di te.

Laudato sii, o mio Signore,
per tutte le creature,
specialmente per messer Frate Sole,
il quale porta il giorno che ci illumina
ed esso è bello e raggiante con grande splendore:
di te, Altissimo, porta significazione.

Laudato sii, o mio Signore,
per sora Luna e le Stelle:
in cielo le hai formate
limpide, belle e preziose.

Laudato sii, o mio Signore, per frate Vento e
per l’Aria, le Nuvole, il Cielo sereno ed ogni tempo
per il quale alle tue creature dai sostentamento.

Laudato sii, o mio Signore, per sora Acqua,
la quale è molto utile, umile, preziosa e casta.

Laudato sii, o mio Signore, per frate Fuoco,
con il quale ci illumini la notte:
ed esso è robusto, bello, forte e giocondo.

Laudato sii, o mio Signore, per nostra Madre Terra,
la quale ci sostenta e governa e
produce diversi frutti con coloriti fiori ed erba.

Laudato sii, o mio Signore,
per quelli che perdonano per amor tuo
e sopportano malattia e sofferenza.
Beati quelli che le sopporteranno in pace
perchè da te saranno incoronati.

Laudato sii, o mio Signore,
per nostra sora Morte corporale,
dalla quale nessun uomo vivente può scampare.
Guai a quelli che morranno nel peccato mortale.
Beati quelli che si troveranno nella tua volontà
poichè loro la morte non farà alcun male.

Laudate e benedite il Signore e ringraziatelo
e servitelo con grande umiltate.

(Cantico delle Creature- San Francesco)

Claudia B.