Un tranquillo sabato pomeriggio di primavera, una giornata soleggiata e tiepida. La voglia di uscire in moto è tanta, per questo, subito dopo pranzo, saliamo in sella alla nostra Honda, e ci spingiamo fino alle colline riminesi. Decidiamo di restare vicino casa, senza dedicarci a percorsi particolarmente impegnativi, dato che domani avremo in programma la visita della città di Verona, il primo evento in collaborazione tra Voce del Verbo Partire e CesenAmici (di cui ho scritto qui). Oggi desideriamo la semplicità di quello che il nostro entroterra ha da offrirci. In particolare, l’itinerario prevede una passeggiata a Monte Colombo, Montescudo e al Castello di Albereto, tre piccolissime perle della Romagna dal passato importante, che oggi sono soprattutto graziosi agglomerati in cui assaporare una pace senza tempo.
Attraverso un tripudio di verdissime colline, con panorami straordinari sulla costa adriatica, immersi nei profumi inebrianti della primavera, raggiungiamo Monte Colombo: nonostante un vento fortissimo, il clima è piacevole ed il cielo così terso da sembrare dipinto.
Ci accoglie il silenzio di un sabato pomeriggio di riposo, con solo poche persone in giro: se non fosse per un gruppo di scout che si diverte allegramente con giochi di gruppo, potremmo pensare che Monte Colombo sia disabitata.
Il borgo è sonnolento e piccolino, stretto attorno alla verde piazza che funge anche da parco pubblico, proprio nei pressi del Memoriale ai Caduti.
Non so perché ma, sia l’intera disposizione con palazzetti gentilizi a ridosso dello slargo, che l’atmosfera di Monte Colombo, mi rimandano indietro nel tempo, ricordandomi le sensazioni vissute in alcuni villaggi visitati in Inghilterra e Irlanda. Una cosa che mi trasporta anni luce da qui, tenendomi ancorata, allo stesso tempo, agli scorci graziosi e alle sensazioni che creano in me.
Monte Colombo presenta tracce di insediamenti romani, risalenti al II secolo a.C. Vuoi per la vicinanza con la Valle del fiume Conca, perfetta per la produzione agricola, vuoi per la vicinanza con Rimini, importantissima colonia romana, tatticamente affacciata sul Mar Adriatico e perfettamente posizionata sulle più importanti vie di comunicazioni terrestri, lo stesso nucleo risentì in maniera positiva di questa collocazione geografica.
Ma fu sotto il dominio dei Malatesta, che Monte Colombo venne fortificata con l’edificazione di una rocca e di una torre d’avvistamento, alle quali fu aggiunto il Castello di San Savino alla fine del XV secolo.
Ci spostiamo sulla parte esterna del borgo, dalla quale è possibile ammirare al meglio la struttura dell’antica rocca malatestiana, del XIV secolo: un vero è proprio nucleo storico degno di nota, dato che vide il susseguirsi delle battaglie con i Montefeltro, con lo Stato Pontificio, subì assedi e fu il luogo di prigionia di Malatestino dell’Occhio.
Questi, signore di Rimini e fratello di Paolo e Gianciotto Malatesta, di cui vi ho già parlato nel mio racconto di viaggio a Gradara (questo il post), fu anche il responsabile della morte di Guido del Cassero e Angiolello da Carignano, nelle acque di fronte al promontorio di Fiorenzuola di Focara (di cui ho scritto qui).
Se consideriamo che, ambedue le vicende, vennero narrate da Dante, possiamo affermare che Malatestino, diede grandi spunti al nostro amato poeta!
L’aspetto complessivo della rocca è imponente e caratteristico: bisogna comunque tener conto del fatto che, gli interventi di restauro all’antico fortilizio, sono stati davvero numerosi e difficili, dato l’utilizzo della poco resistente selce fluviale.
Sono ancora visibili le mura e la torre circolare anche se, in passato, ne contava almeno sei; lo stesso castello era molto diverso, dall’architettura irregolare e più ampio nel fondo valle.
Nel XVI secolo fu Cesare Borgia a prendere possesso di Monte Colombo, che passò, successivamente, alla Repubblica di Venezia e allo Stato Pontificio.
Durante il periodo napoleonico, il paese fu laicizzato, fino a quando non venne nuovamente annesso al Papato. Più di recente, in quello che è il bel Palazzo del Municipio, Benito Mussolini tenne un discorso pubblico.
Oggi nulla di tutte queste vicissitudini storiche, riescono a toccare la tranquilla serenità del piccolo borgo romagnolo. Mentre passeggiamo, riusciamo a percepire profondamente semplicità, distacco temporale e una pace che solo i piccoli borghi sanno donare al visitatore.
Saliamo in moto per raggiungere la vicinissima Montescudo: è questione di due minuti d’orologio, visto che i due paesi sono praticamente attaccati! Ora, permettetemi un piccolo salto indietro nel tempo…perché Montescudo è un mio dolce ricordo di bambina! Infatti è proprio nell’accogliente parchetto pubblico del centro storico che, ogni estate, con un gruppo di donne della mia famiglia, facevamo un piacevole pic-nic tutto al femminile!
Avevo soprannominato questo angolo di placido verde il “Parco di Biancaneve”, per la presenza delle statue di Biancaneve e i sette Nani, che io adoravo!
D’accordo, è trascorso qualche anno da allora (per i più viperelli sottolineo il qualche), ma devo dire che il ricordo di quelle giornate speciali, lo porto ancora con me.
Montescudo è un grandioso balcone sulla Romagna, rimasto intatto nell’aspetto sin da quando ero piccolissima.
Nei giorni limpidi, come oggi, si può spaziare con lo sguardo su tutta la riviera adriatica, fino al promontorio di Gabicce Monte. In un silenzio interrotto solo dal canto degli uccellini, si può ammirare una serie di colori intensi, pittorici, che sfociano nel blu a perdita d’occhio dell’Adriatico.
Proprio per questa posizione sopraelevata, sui corsi dei fiumi Conca e Marano, anticamente Montescudo era conosciuta come Rio Alto. In seguitò il nome mutò in Mons Scutulus e altre derivazioni, che portarono all’attuale toponomastica.
Non è chiaro da quale civiltà derivino queste nomenclature, si pensa ai Celti e agli Etruschi. A dire il vero, durante uno scavo fatto nel 1874, nei pressi della Chiesa di San Biagio, vennero rinvenuti dei misteriosi scheletri giganti, che alimentarono le teorie sulla possibile origine celtica del centro.
Salvo poi ritrovare una statuetta di circa un metro di altezza, ipoteticamente appartenente alla civiltà etrusca, che tenne aperto il “toto-fondazione”, sulla piccola Montescudo!
Ciò che storicamente è certo, invece, è come durante il periodo romano, Montescudo fungesse da posto di sosta per i corrieri, che facevano la spola tra Roma e Rimini.
Dopo aver subito in maniera pesante le invasioni dei barbari, il nucleo di Montescudo si ritrovò, come tanti altri borghi limitrofi, al centro delle contese tra Malatesta e Montefeltro. Teniamo conto che il paese, oggi come allora, occupava un punto nevralgico per il controllo del territorio circostante.
Sigismondo Pandolfo Malatesta, ricostruì la rocca di Montescudo, facendola divenire uno dei più importanti fortilizi militari dell’entroterra riminese. Ancora oggi sono visibili la notevole cinta muraria, con i camminamenti sotterranei ed i passaggi segreti, che collegavano la torre di vedetta alla rocca, il pozzo, la scalinata e una ghiacciaia di origine romana, ma utilizzata anche dagli stessi Malatesta.
Fu durante il periodo napoleonico, però, che Montescudo attraversò un momento di grande prosperità. Dopo il controllo della Repubblica di Venezia e del Papato, infatti, con i francesi divenne un importante centro amministrativo. Ancora oggi il gonfalone del comune, porta i colori della bandiera francese.
Saliamo lentamente sull’antica Torre Civica, del 1300, da cui possiamo spaziare con lo sguardo sulle vallate circostanti e sui tetti del borgo. Una terrazza su cui crescono alberi in fiore, mentre tutto introno si aprono scorci straordinari che ci lasciano letteralmente senza fiato.
L’idillio quasi onirico di questo mix fra profumi, colori e pace, è interrotto solo dal ricordo dei gravissimi bombardamenti subiti da Montescudo nel corso della Seconda Guerra Mondiale…Trovandosi vicino alla Linea Gotica, il borgo venne distrutto da attacchi aerei e navali, persino da parte degli Alleati convinti che un reggimento tedesco, si nascondesse nei sotterranei della rocca. In realtà, questi si erano già ritirati nella Valle del fiume Conca.
Ci dirigiamo al parcheggio e saliamo in moto, per raggiungere il vicino Castello di Albereto. Una stretta stradina di campagna, che collega Montescudo alla Repubblica di San Marino, ci introduce al cospetto di questo piccolo e pittoresco paese.
Una vera chicca, a dire il vero, nonostante la semplicità dell’abitato. Borgo rurale di una ricercatezza unica, il Castello di Albereto si presenta immediatamente con una grandiosa cinta fortificata a racchiudere il centro storico.
Già in epoca malatestiana, il Castello di Albereto rappresentava un vero e proprio prototipo di perfezione architettonica, la cosiddetta “scarpata malatestiana”: tre bastioni circolari alternati da possenti mura, una torre campanaria ed una terrazza panoramica sulla costa adriatica e sul Monte Titano.
Ancora oggi, è esattamente questo l’aspetto con cui ci accoglie l’abitato, lasciandoci completamente a bocca aperta.
Mentre passeggiamo lungo la caratteristica stradina del borgo, che si apre su piccoli vicoletti e minuscoli slarghi, lasciamo che il Castello di Albereto ci conquisti con la sua semplice e particolare amenità, con case in pietra che si alternano ad altre abbandonate, in una serie di scorci davvero gradevoli.
E’ un piacere concreto e allo stesso tempo irreale, muoversi per questo antico borgo, citato già nel 1233 e rinforzato, successivamente, da Sigismondo Malatesta.
Sembra di trovarsi all’interno di una cartolina di pietra e storia, dove il piccolo si tramuta in perfezione e, la macchina fotografica, non può fare a meno di immortalare il fascino di un luogo così fuori dal tempo…
Mentre lasciamo vagare lo sguardo sul panorama che ci circonda, è difficile non pensare a quanto, l’entroterra romagnolo, sia ricco di tanti piccolissimi luoghi da scoprire e di cui innamorarsi, o re-innamorarsi, ogni volta che vi si passeggia.
Vorrei di cuore invitare le migliaia di turisti che, ogni anno, si recano sulla nostra famosissima Riviera Adriatica, per trascorrere le loro vacanze, a dedicare una piccola parte del loro tempo alla scoperta di questo straordinario patrimonio nascosto.
Ne resterebbero stupiti e piacevolmente colpiti. Perché, la Romagna, ha un cuore colmo di meraviglia da donare a chi ha voglia di lasciarsi meravigliare.
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