
Il borgo è famoso soprattutto per la presenza dell’opera di Piero della Francesca, “La Madonna del Parto”, dipinta dall’artista tra il 1455 ed il 1465; secondo la tradizione, l’affresco risale al 1459, quando si celebrarono i funerali della madre di Piero, nativa del paese di Monterchi: egli l’avrebbe dipinto in onore della donna.
E’ un’opera dolcissima, a mio avviso, dove l’umanità di questa Madonna, che si regge il pancione, ponendosi contemporaneamente una mano sul fianco, è davvero sorprendente e fuori dagli schemi, che vedono quasi sempre Maria raffigurata in una posa molto più plastica. Adorabile.
Torniamo a prendere la moto, e risaliamo in sella per raggiungere un altro piccolissimo borgo, non distante da Monterchi, che fa parte, però, dell’Umbria: Citerna.
Graziosissimo paese, già conosciuto in epoca romana, subì diversi saccheggi durante le invasioni barbariche; i Marchesi del Colle governarono Citerna durante il Medioevo e, nel XV secolo, la città venne annessa dallo Stato Pontificio.
Nel XVI secolo, fu proprio il Papa a concedere la città alla famiglia Vitelli, importante casato di Città di Castello, che la conservò fino alla fine del secolo successivo. Durante le guerre per l’Unità d’Italia, Citerna ospitò Garibaldi quando, con i 2000 uomini che sopravvissero all’assedio di Roma, si ritirò verso Ravenna.
Purtroppo durante la Seconda Guerra Mondiale, la città subì gravissimi bombardamenti e, solo grazie ad un ottimo lavoro di ricostruzione, oggi possiamo vivere il borgo al massimo dello splendore.
Nonostante il tempo si sia rannuvolato, al punto da minacciare pioggia, (okay, cerchiamo di essere zen e autosalvaguardarci da una doccia certa!), il paese risulta comunque una vera perla, con le belle vie lastricate e i palazzi signorili. In particolare sono incredibili i punti panoramici da cui, i colori della primavera inoltrata, spiccano con prepotenza sulle colline circostanti, immerse in una certa nuvolosa foschia.
Passeggiamo per il borgo medievale, dove ancora si possono percorrere gli antichi camminamenti e i passaggi coperti, entrando in cortiletti nascosti e camminando su vicoli piccini ma molto ameni.
Torniamo da Tuono, fiduciosi di aver sventato il pericolo pioggia, saliamo in sella e ci avviamo verso la cittadina di Sansepolcro, dove già siamo passati questa mattina, scendendo dal Valico di Viamaggio: transitiamo spesso da qui ma, fino ad oggi, non abbiamo mai avuto l’occasione di visitarla.
Dato che domina la Valtiberina, si può considerare Sansepolcro una porta sulla Toscana: per noi, sia come motociclisti, che come viaggiatori, innamorati di questa regione, Sansepolcro è di certo il nostro ingresso d’onore!
Per me in particolare, poi, parlare di Sansepolcro è nominare il luogo che diede i natali ad uno degli artisti che più amo, Piero della Francesca. Ecco, diciamo che, l’itinerario di questa giornata, è da considerarsi proprio sulle tracce di Piero! Di certo, nelle sue opere, egli immortalò e si ispirò ampiamente alla città di provenienza, così come al territorio circostante e alle regioni limitrofe, per esempio alla nostra stessa Romagna, che tanto spesso compaiono nelle sue strepitose creazioni.
Sansepolcro è stata fondata, secondo la tradizione, dai Santi Egidio ed Arcano che, tornando da un pellegrinaggio in Terra Santa, ricevettero un segno divino e, proprio in questa vallata, edificarono una cappella che contenesse le reliquie da loro portate fino a qui.
La cittadina è davvero elegante e molto bella, ricercata e accogliente, con i suoi palazzi signorili e le sontuose vie, che ne testimoniano il grandioso passato, soprattutto in periodo rinascimentale, quando Sansepolcro conobbe il proprio massimo splendore, grazie al fiorire delle attività commerciali e all’acquisizione di numerose opere d’arte.
Ci fermiamo a comperare dei gustosi gelati artigianali accompagnando, così, la nostra passeggiata, con dolcezza e calma: in realtà, ci sono così pochi visitatori, che percorrere le vie di Sansepolcro, oggi, è un vero piacere.
Il rigore e la perfetta prospettiva architettonica del centro storico, ricordano un pò le proporzioni dell’utopistica “Città Ideale”, di cui si parlava tanto, in epoca rinascimentale, nelle corti signorili.
Visitiamo alcune fra le innumerevoli chiese ed oratori presenti sul tessuto urbano, tra cui la Chiesa di Sant’Agostino, precedente Pieve di Santa Maria Assunta, che prese questo nome quando vi si trasferirono gli agostiniani, nel XVI secolo; la gotica Chiesa di San Francesco, edificata tra il XIII ed il XIV secolo; la Chiesa di Santa Maria delle Grazie, il rinascimentale santuario mariano della città; l’elegante Duomo, Concattedrale di San Giovanni Evangelista, la cui costruzione iniziò nel X secolo, e presenta caratteri romanici e gotici.
La struttura si trova racchiusa fra le piazze della città, dei veri salotti eleganti, da cui partono tutte le vie più importanti. In realtà, ciò che maggiormente ci colpisce, sono gli oratori delle confraternite, ambienti raccolti e mistici, dove sono lasciati in mostra costumi, flagelli e statuaria religiosa, che si rifà a scene della passione di Cristo.
Attraversiamo le vie del centro, seguendo questa sorta di museo religioso a cielo aperto, fino a raggiungere la Fortezza Medicea, imponente fortilizio militare, voluto dai Medici ed edificato da Giuliano da Sangallo, a partire dal XVI secolo, che incorporò un borgo fortificato, fatto realizzare dai Malatesta due secoli prima.
Con calma torniamo al parcheggio, per salire nuovamente in sella a Tuono e, possibilmente, decidere un itinerario diverso da percorrere per arrivare a casa. Ci dirigiamo, perciò, verso Pieve Santo Stefano, seguendo la vecchia strada panoramica, con tante belle curve immerse nella campagna, al posto della classica E45.
E’ così che troviamo la segnalazione per la Chiesa di San Lorenzo, posizionata in collina e raggiungibile con una stradina che si inerpica in salita, fino a raggiungere un gruppetto di case, con un panorama speciale su tutta la vallata, sugli ulivi e sul Lago di Montedoglio, di cui si può persino vedere lo sbarramento della diga: verde a perdita d’occhio, con solo alcune macchie di giallo nei prati.
Entriamo nella pace della chiesetta, di cui apprezziamo soprattutto la cripta romanica, dove è possibile ammirare un presepe che, gli abitanti, curano durante tutto il corso dell’anno.
Quando risaliamo in moto, proseguiamo verso Pieve Santo Stefano e prendiamo la strada che ci ricollega al Valico di Viamaggio, per scendere, poi, con calma tutta motociclistica (ossia col ginocchio a terra), verso casa.
Gran bel Primo Maggio, non c’e’ che dire! Quando la ricetta prevede tornanti, asfalto, panorami, borghi da cartolina, arte, natura a perdita d’occhio, un pranzo al sacco da consumare con la persona che si ama… magari durante una sfida a carte all’ultimo sangue, il successo non può che essere assicurato.
Claudia B. Daniele L. Aprilia Tuono