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Cosa vedere nell’entroterra romagnolo: Montefiore Conca e Saludecio

Cosa vedere nell’entroterra romagnolo: Montefiore Conca e Saludecio

Avete presente quando sboccia la primavera? Riuscite a ricordare com’è piacevole ed avvolgente, il tiepido profumo della bella stagione, che si sta facendo largo tra i rigori dell’inverno? E quell’emozione che ti pervade, davanti alla prospettiva di avere l’intero periodo a disposizione? A voi non capita? Perchè, personalmente, ogni anno mi ritrovo a provare la stessa emozione.
Credo davvero che, ogni stagione, porti con sè qualcosa di unico, dai profumi, ai colori, alle percezioni in grado di colpirti all’improvviso, magari mentre guardi un paesaggio, o annusi l’aria attorno a te. E’ una delle cose che amo maggiormente del tempo che passa.
A Pasqua del 2011, appena qualche anno fa, non abbiamo fatto nessuna uscita particolare: a parte il giorno di Pasquetta, durante il quale siamo andati sino a Bagno di Romagna, per goderci una bella escursione lungo il Sentiero degli Gnomi (ne ho scritto qui), nei giorni precedenti abbiamo deciso di “usufruire” delle belle manifestazioni, svoltesi in due borghi della nostra amata terra di Romagna: la storica “Processione del Venerdì Santo”, a Montefiore Conca e “Saluserbe” a Saludecio.
Entrambi i borghi, sono dei centri artistici molto caratteristici della Valconca, piuttosto vicini ad altri due paesi di cui vi ho già parlato, Mondaino e Montegridolfo (per saperne di più cliccate qui). La zona quindi, è per noi un vero scrigno, ricco di luoghi idilliaci e vallate rigogliose, tra cui creare sempre nuovi itinerari.
La storica “Processione del Venerdì Santo a Montefiore”, si svolge ogni anno, ormai da secoli. Partiamo da casa per tempo, inoltrandoci nella tiepida notte primaverile, illuminata da una intensa luna piena: quando arriviamo a Montefiore Conca, che è inserita nel circuito “I Borghi più Belli d’Italia”, troviamo ad attenderci un borgo incredibilmente suggestivo, immerso nel silenzio della notte, illuminato fiocamente dalla luna, dalle torce e dalla luce soffusa dei lampioni pubblici.

Il piccolo paese è dominato dalla grandiosa mole della Rocca Malatestiana, la cui costruzione iniziò nel 1307 e venne, poi, ampliata nel 1337, per poter far fronte alle esigenze dei Malatesta.

Nel 1347, Pandolfo Malatesta, il Guastafamiglia, fece abbellire la struttura, in occasione della visita del re d’Ungheria con la sua corte e dei notabili di Rimini, anche se fu con Sigismondo il Grande, che raggiunse il massimo splendore. La trasformò definitivamente in un fortilizio imprendibile, con le caratteristiche di una comoda dimora signorile.

Quando Papa Pio II lo scomunicò, iniziò la decadenza del grande mecenate, il quale vide diminuire il proprio controllo alla sola Rimini; di lì a poco, la Santa Sede chiese l’aiuto del Duca d’Urbino, acerrimo nemico di Sigismondo Pandolfo Malatesta, per espugnare la Rocca di Montefiore la quale, da quel momento, perse lentamente prestigio, nei continui passaggi di potere.

Fortunatamente, un ottimo intervento di restauro l’ha riportata all’antico splendore e, visitandone gli interni, fino agli spalti, da cui si gode di un panorama incredibile sul borgo e sulla vallata, si può capire completamente quanto grandiosa fosse, questa residenza.

Sentiamo in lontananza il suono della banda, che annuncia l’arrivo della storica “Processione del Venerdì Santo”, antica tradizione risalente al XVIII secolo, quando il popolo portava in trionfo la statua del Cristo Morto, per chiedere la grazia con cui preservare il paese dalle pestilenze.

Noi attendiamo i figuranti in costume, nell’ultima tratta da loro percorsa: in un silenzio accompagnato solo dalla musica della banda, gli incappucciati circondano il Cristo che regge la croce di legno, mentre alcuni trasportano l’effige del Cristo Morto; tutto attorno, altri personaggi reggono le fiaccole, in un’atmosfera molto raccolta e suggestiva.

Partendo dal Convento dei Cappuccini, fanno tappa alla Chiesa Parrocchiale di San Paolo, di origine trecentesca, per raggiungere in via definitiva la Chiesa dell’Ospedale, dove viene deposta la Statua del Cristo. Nella piccola struttura del XV secolo, vengono anche normalmente custoditi tutti i simboli ed il crocifisso, usati durante questa stessa processione.

Sono momenti di grande raccoglimento per tutti, sottolineati dalle tenebre che avvolgono le misteriose figure nel loro incedere, col fumo che sale acre dalle torce, inzuppando la tiepida aria della notte, mentre la luna continua ad accarezzare la scena, con la propria bianca luce.

E’ la prima volta che visitiamo Montefiore Conca in questa veste storico-religiosa: in genere, passeggiamo per i caratteristici vicoli, che si inerpicano fino alla Rocca, soffermandoci lungo il tratto esterno delle mura, splendido soprattutto in autunno, durante il foliage.

Siamo abituati alla Montefiore Conca vivace, così come si presenta a noi durante la “Sagra della Castagna”, piccola ma deliziosa manifestazione; siamo abituati alla Montefiore Conca invasa dagli artisti, durante “Rocca di Luna”, un evento estivo con numerosi spettacoli itineranti, all’interno borgo. Ma, la Montefiore Conca silenziosa e raccolta… è la prima volta che la viviamo sulla nostra pelle.

La domenica di Pasqua, dopo pranzo, saliamo in auto per goderci nuovamente il nostro bell’entroterra: raggiungiamo la cittadina di Saludecio, citata storicamente per la prima volta da Papa Lucio II, nel 1144, anche se il nome deriva dal saluto in onore dell’Imperatore romano Decio (salus Decii… Saludecio).
Oggi ci sono tante persone che partecipano a “Saluserbe”, attirate da questa manifestazione dedicata ai prodotti naturali, alla salute del corpo, ma anche alle piante, ai fiori, alle decorazioni e all’artigianato.

Passeggiamo lungo le pittoresche vie del borgo, dove le bancarelle fanno bella mostra di sé, il tutto racchiuso dalle possenti mura della città, cui si accede dalle due porte d’ingresso: Porta Marina e Porta Montanara. L’allegria del borgo e la sua spettacolare bellezza medievale, non devono farci dimenticare come, in passato, durante le lotte tra signorie, Saludecio rappresentasse uno degli ultimi baluardi difensivi dei Malatesta, contro i Duchi d’Urbino.

Nel XVI secolo il centro attraversò un periodo di assestamento, prima della crescita culturale ed economica del secolo successivo, che proseguì per tutto l’Ottocento, soprattutto con l’edificazione ed il miglioramento di palazzi borghesi e la costruzione della Chiesa di San Biagio.

Non è un caso che, il secolo d’oro di Saludecio, venga ancor oggi celebrato con una grandiosa manifestazione estiva, l’ “800 Fest”, durante la quale spettacoli itineranti, personaggi in costume storico, rievocazioni di antichi mestieri e scene della vita quotidiana, animano i vicoli e le piazzette del paese.

Approfittiamo del fatto di trovarci a Saludecio “con la luce del sole”, per soffermaci ad ammirare i murales, dipinti sulle facciate dei palazzi. La “Città dei Muri Dipinti” ci permette di seguire un percorso artistico, attraverso qualcosa come quaranta bellissimi murales, che ritraggono quel grandioso Ottocento, di cui la città va giustamente fiera, ma anche personaggi fantastici. Il tutto sempre seguendo viuzze e piccoli slarghi, circondati da palazzetti con mattoni a vista, o dai colori accesi.

Ci dirigiamo verso la Piazza Beato Amato Ronconi, la principale della città, su cui si affacciano il Palazzo Comunale, la Chiesa Parrocchiale di San Biagio e la maestosa Porta Marina che, insieme alle possenti mura, risale ai tempi di Sigismondo Pandolfo Malatesta.
Da qui parte la via principale del centro storico, Via Roma, la quale attraversa elegantemente la città, come un  vero e proprio corso, ben diverso dai vicoli medievali in cui abbiamo scorrazzato sinora, che fa comprendere fino in fondo la grandezza e la nobile origine di Saludecio. 

Ancora oggi, il calendario culturale della città denota la grande importanza attribuita all’arte, al teatro, al passato: non solo l’ “800 Fest”, ma anche “Nero Notte Teatro”, la Rassegna Teatrale e varie attività, nonché sagre, si possono trovare qui durante il corso l’anno.

Concludiamo la nostra passeggiata primaverile e pasquale, muovendoci tra le bancarelle che abbiamo trascurato prima, per visitare il centro storico. Non manchiamo di lasciarci coinvolgere negli spettacoli di alcuni artisti di strada, chiamati per l’occasione, divertendoci come bambini, davanti alle rappresentazioni di questi grandiosi intrattenitori.

Posso solo dire che, anche restando vicino casa, abbiamo avuto modo di rendere speciali i nostri tre giorni di Pasqua. D’altronde, questo è ciò che si “rischia” vivendo in Romagna… ossia, di aver sempre a disposizione nuovi e coinvolgenti itinerari! E domani, ci aspetta Bagno di Romagna (per conoscere la località, cliccate qui).

Claudia B.